sabato 15 aprile 2023

812 - Vincent, Theo e Johanna, ovvero: quando l’amore incontra la narrazione

Questo lungo scritto, che sto per pubblicare qui oggi dopo un silenzio durato per i miei gusti anche troppo, racconta una storia, penso semisconosciuta, che volevo narrare da anni, senza ancora essere mai riuscita per via del tempo e le difficoltà che sapevo sarebbero occorse.

Una storia meravigliosa, piena di tragedia e gioia, bellezza e difficoltà, tenacia e amore. La voglio raccontare certamente per tutti ma specialmente per chi ama l’arte, e ancora di più per chi, come me, l'arte la fa: da questa storia possiamo trarre infinite ispirazioni.
 
Prendetevi tutto il tempo che occorre, e buona lettura.

***

Immagino che in molti, non solo nell'ambiente artistico, sentendo o leggendo i nomi Vincent e Theo, abbiamo l’immediato rimando di un cognome: van Gogh.

I due fratelli l’uno l’altro amatissimi, la loro storia tragica e struggente - morti in giovane età a poca distanza di tempo l’uno dall’altro.
 
Pochi, credo, conoscono il nome di Johanna. 
Johanna Bonger van Gogh. 
Eppure, in questa storia, lei è la principale protagonista, colei che ha trasformato Vincent, in van Gogh.

Vincent, l’uomo che pur votando tutto se stesso all’arte, era stato così criticato e osteggiato da riuscire a vendere direttamente, e quasi per pietà, un solo quadro. 
Van Gogh, l’artista forse più conosciuto e amato al mondo, colui che riesce a toccare l’anima delle persone attraverso la bellezza struggente delle sue immagini.


Ma facciamo un passo indietro e iniziamo dal principio.
 
Vincent van Gogh nasce, secondogenito di sei figli, nel 1853 a Zundert, un villaggio del Brabante, in Olanda. 
Il fratello che lo aveva preceduto era morto durante il parto, e destino decise che Vincent nascesse esattamente un anno dopo, prendendo di lui data di nascita e nome.

Nel 1854 nasce una sorella, nel 1855, Theo.
 
I due fratelli da subito sono inseparabili, sebbene abbiano due caratteri opposti: Vincent, esuberante e impulsivo, Theo, riflessivo e coscienzioso. Forse proprio per questa esuberanza o perché è il fratello maggiore, Vincent, diventa l’eroe di Theo, la sua bussola, il suo faro.

I due ragazzi crescono; Vincent, dall’animo tormentato, passa attraverso diverse esperienze di vita e lavoro: mercante d’arte, insegnante di inglese, studente di teologia, predicatore.

Theo, più solido e concreto, a sedici anni entra come giovane apprendista nella ditta Goupil & Cie, mercanti d’arte. 
È bravo nel suo lavoro, ha talento, ha occhio, tanto da divenire a ventisette anni dirigente della sede principale del gruppo, a Parigi.

Vincent, nel frattempo ha raggiunto, in un continuo girovagare per diversi paesi, quella che è la sua vera vocazione: essere artista. 
 
Vincent van Gogh, 1885

 

Voglio dipingere” scriverà al fratello “qualcosa di serio, qualcosa di fresco, qualcosa con un'anima in esso”. Anela a un'arte che riveli che "cosa c'è nel cuore di... un nessuno”.

Mi firmerò Vincent” continua “per dare a chi soffre un messaggio d’amore. Vincent, come uno di loro”.
 
A questo punto si potrebbe pensare: Theo è un bravo mercante d’arte, Vincent è pittore. È cosa certa che il primo riuscirà ad inserire il secondo nel mercato e riuscirà a fargli ottenere il successo che pensa meriti.
 
Sappiamo tutti com’è andata in realtà: Theo non riesce a farlo apprezzare: troppo moderno, infantile, strano, folle. Non riesce ad inserirlo nelle mostre, nelle fiere, nei mercati, non riesce a vendere che pochi dei suoi quadri; e Vincent è prolifico, disegna e dipinge ininterrottamente. Opere che nessuno vuole, nessuno comprende, nessuno ama.


A parte Theo. 
 
 
Theodorus van Gogh, 1888


Theo è il suo solo infaticabile ammiratore, colui che lo incoraggia, colui che lo sostiene, emotivamente e economicamente.

Risponde a ogni sua richiesta. Gli manda il materiale che gli occorre per lavorare, paga i suoi alloggi di pittore girovago, lo incoraggia durante i suoi momenti di angoscia e infelicità.
 
I due si scrivono ininterrottamente. Vincent racconta a Theo ogni tratto del suo percorso, Theo risponde.
 
Vincent non conserva che poche lettere del fratello. 
Theo le tiene tutte. Seicentocinquantuno lettere in cui Vincent, animato dalla sua impetuosa e fragile emotività, racconta a Theo ogni dettaglio della sua vita, ogni entusiasmo o dispiacere recati dai suoi incontri, dalle sue giornate, dal suo lavoro.
 
Nel frattempo Theo a Parigi ha conosciuto Andries Bonger, come lui olandese, come lui lì per lavoro. I due diventano ottimi amici, e come gli amici si raccontano le loro vite.
 
Andries Bonger, 1904

 
Fra le altre cose Theo racconta ad Andries di Vincent, Andries racconta a Theo di Johanna, una delle sorelle minori. Jo, per gli amici.
 
Quello di Jo è il ritratto di una ragazza intelligente, pratica, istruita. Suona il pianoforte, ama l’arte e il teatro, parla fluentemente francese e inglese - ciò le permette di lavorare come insegnante e traduttrice.
 
 
Johanna Bonger, 1884
 
 
Tiene un minuzioso diario, iniziato il 26 Marzo 1880, a diciassette anni.

Le prime annotazioni:

Nella routine di tutti i giorni c’è così poco tempo per riflettere, e a volte i giorni passano senza che io li abbia vissuti veramente, giorni in cui la vita mi succede. Questa cosa è terribile. Sarebbe tremendo dire alla fine della mia vita: «Ho vissuto invano, non ho raggiunto niente di grande o di nobile».”
 


 

È proprio grazie a questo prezioso compagno quotidiano che possiamo conoscere tutta la storia che sto raccontando: il diario di una ragazza intelligente e curiosa, dotata e ambiziosa, avida di conoscenza e divertente nei suoi giudizi.

Una ragazza tra due secoli che desidera fare della sua vita qualcosa di bello per se stessa e per il mondo e desidera farlo a modo suo, nella sua maniera schietta e onesta.
 
Passano gli anni, siamo nell’estate del 1885, a Amsterdam.  
Andries è tornato a casa per qualche giorno di vacanza così come Theo.

Andries ha già parlato di lui alla sorella. Ne ha grande stima, lo descrive come un ragazzo colto, divertente, generoso. Non vede l’ora di presentarlo a Jo: l’incontro avverrà un venerdì sera di Luglio.

I tre andranno assieme al Rijksemuseum e assieme trascorreranno i due giorni successivi, tra passeggiate, chiacchiere e risate.

Quando i due ragazzi ripartiranno per Parigi, Johanna scriverà nel suo diario quanto tutto adesso le appaia freddo e solitario e quanto forte sarebbe il desiderio di seguirli.
 
Potrebbe sembrare il resoconto di una ragazza innamorata: non è così. Non ancora almeno.

Innamorato totalmente è invece Theo, che da quell’incontro non pensa altro che a Joanna, e a quando potrà incontrarla di nuovo.
 
Dovrà trascorrere un anno prima che i due si vedano nuovamente, un anno nel quale Theo non pensa ad altro che a farne la donna con cui condividere la vita, e lo pensa così intensamente che dopo pochi minuti e i primi convenevoli di quel secondo incontro estivo, dichiara alla ragazza le sue intenzioni.

Come sempre, sappiamo tutto dal diario, in cui Jo la sera stessa annota di come questo momento le abbia spezzato il cuore:

Quello che ha evocato è stato per me l'ideale che ho sempre sognato; una vita ricca piena di varietà, piena di cibo per la mente, una cerchia di persone intorno a noi che ci augurano ogni bene, che vogliono fare qualcosa nel mondo. La mia vaga ricerca e il mio desiderio si sono trasformati in un obbligo che è pronto e mi aspetta: renderlo felice. Oh, se solo potessi…

Sebbene ammiri Theo, sebbene pensi che sia un uomo dotato e intelligente con il quale potrebbe condividere la vita bella, interessante, varia, ricca di stimoli che desidera, non lo conosce. Non lo ha frequentato che per tre giorni, l’anno prima. Come può accettare di sposarlo? Sarebbe come sposare un simpatico e divertente sconosciuto. Sa che gli spezzerà il cuore, e questo la fa soffrire, ma deve dirle di no e rifiutare la sua richiesta.

Theo capisce, accetta la sua risposta, torna a Parigi. 
E inizia a scriverle.

Gli racconta di lui, sottolinea le cose che entrambi amano e desiderano, curiosamente le racconta a lungo proprio di Vincent, il fratello artista eccentrico e stravagante, lunatico e vulcanico, amatissimo.

I due continuano a scriversi in amicizia, nel frattempo Jo vive la sua vita.
 
Attraversa un legame sentimentale infelice seguito da un lungo periodo di profonda malinconia, si rattrista ancora di più per il fratello, che pure si trova in un matrimonio complicato, ed è per rallegrare se stessa e lui che decide di andare per qualche tempo a Parigi alla fine del 1888.

In questi anni era accaduto che Theo e Andries si fossero allontanati, e ciò proprio a causa di Vincent, che aveva raggiunto Theo a Parigi e con il suo carisma irresistibile lo aveva coinvolto in una vita esotica e sregolata con la disapprovazione di Andreas, che aveva così preso le distanze dai due van Gogh.
 
Jo ne è a conoscenza, e il suo intento è fare in modo che Andries e Theo tornino a essere i buoni amici che erano. Ci riesce proprio rivolgendosi a Theo, con una tale simpatia, vicinanza e familiarità che lo coinvolge fino al punto di farlo completamente riconciliare con Andries.
 
I tre sono di nuovo amici, e durante questa frequentazione parigina Theo si rende conto di essere ancora innamorato della ragazza. Sa del suo trascorso sentimentale infelice, non la condanna per questo in nessun modo, anzi, se possibile la ragazza appare ancora più nobile ai suoi occhi. Sa al contempo che può renderla felice, glielo comunica in ogni modo, rendendo tutto così semplice e naturale che Johanna si rende conto infine di amarlo lei stessa, e di essere adesso pronta a condividere la vita con lui.

Si sposano a Amsterdam nel 1889, e subito partono assieme per Parigi.

Theo è così gentile e buono con me, stiamo andando molto d'accordo, ci siamo abituati fin dal primo momento. Niente di forzato, niente di strano, lui è così semplice e naturale. Questo rende tutto così facile, lo dice anche lui… non pensavo sarebbe stato così bello

Queste le parole di Jo in una lettera alla sorella, durante i primi momenti della loro vita insieme.

Nel 1990 nasce Vincent Willem, mentre Jo, avida di apprendere, impara dal marito i primi cenni per diventare lei stessa mercante d’arte. La loro casa è piena dei dipinti di Vincent, che continua a mandarne al fratello intere casse: quale migliore occasione per Theo di fare lezione alla moglie?

Johanna e Vincent Willem


È una vita, la loro, ricca e piena. Johanna la definisce "beata". Godono di una perfetta armonia, il lavoro va bene, è nato il loro primo bambino, sono felici.

Nella primavera del 1890 giunge alla coppia una notizia: lo zio Vincent sta arrivando a Parigi per andarli a trovare e conoscere il suo omonimo nipote. Johanna non sa cosa aspettarsi. È a conoscenza che Vincent non ha mai avuto simpatia per lei; possessivo e geloso dell'amore del fratello ha accolto la notizia del fidanzamento con rabbia. Poco prima del loro matrimonio ha compiuto il cruento e simbolico gesto del taglio dell’orecchio seguito da un lungo periodo presso una casa di cura. È un uomo instabile quello che stanno per ospitare?

Come sempre Johanna affida alla scrittura le sue vivaci impressioni:

"Davanti a me è apparso un uomo robusto, dalle spalle larghe con un colorito sano, uno sguardo allegro nei suoi occhi e qualcosa di molto risoluto nel suo aspetto. «Sembra molto più forte di Theo» è stato il mio primo pensiero."

Vincent è l'incarnazione fisica dello spirito che anima le tele che Jo conosce così bene.

Si è precipitato nell'arrondissement per comprare le olive che ama, torna di corsa invitando con entusiasmo tutti a mangiarle. Si ferma davanti alle sue tele, le studia con intensità. Infine viene condotto nella stanza dove il bambino giace addormentato. I due fratelli si chinano sulla culla: “Entrambi avevano le lacrime agli occhi” scriverà Johanna.

Vincent rimane a Parigi pochi giorni, dopodiché torna a Auvers-sur-Oise, il villaggio dove Theo lo ha pregato di rimanere per usufruire delle benefiche cure del medico che lo ha rimesso in sesto.

Tutto sembra procedere per il meglio, le lettere di Vincent sono finalmente serene. È come come un lampo che squarcia un cielo terso, che nel Luglio 1890 giunge a Parigi la notizia più atroce: Vincent si è sparato due colpi nel petto - alcune tesi biografiche più recenti iniziano a parlare di morte per circostanze misteriose: forse non un suicidio ma un omicidio per una qualche vicissitudine taciuta da Vincent per motivi imperscrutabili. Ma non ci soffermiamo su questo, lasciamo le cose come sono.

Theo corre dal fratello, Johanna gli affida queste righe:

Sono così triste, così profondamente triste. [...] Tutto quello che vorrei è stare con te ora, abbracciarti e mostrarti quanto condivido il tuo dolore e quanto ti amo. Addio, mio ​​carissimo amore, i miei pensieri sono sempre con te”.

Vincent morirà due giorno dopo.

Sono passati due meravigliosi anni dal matrimonio di Theo e Johanna, anni intensi di cui Johanna scriverà: “è stato il più bel sogno che si possa sognare”.

Un sogno destinato a finire troppo presto. Nel Gennaio 1891 morirà anche Theo.

Jo si trova sola, senza un lavoro, con un bambino di neanche un anno da crescere.
E con l’enorme eredità di dubbio valore lasciatale dal marito: oltre quattrocento quadri, centinaia di disegni, e seicentocinquantuno lettere, tutto firmato: “Vincent”.

È una donna pratica. Nel grande dolore sa che deve occuparsi di se stessa e di suo figlio. Prima cosa: trovare un lavoro e assicurarsi la vita quotidiana.

Riprende il suo diario e scrive tra le sue prime annotazioni: “Devo usare tutte le mie forze per migliorare e per essere di aiuto al mio bambino”.

Come molte donne sole di quell’epoca, su consiglio di una cara amica e con l'aiuto del padre, apre una pensione: Villa Helma, a Bussum. 
 

Nel suo paese natale, a una comoda distanza da Amsterdam e dalla famiglia, aspetto fondamentale per l’indipendente Johanna, Bussum è una cittadina frondosa, calma, ma animata da una vivace scena culturale.

Darà da vivere a entrambi” scrive ancora riguardo alla sua nuova attività.

Assicuratosi il pane quotidiano inizia a pensare cosa fare dei quadri di Vincent. Dal marito aveva appreso i primi rudimenti del mestiere di mercante d’arte, ma quei quadri, lui stesso non era riuscito a venderli.

Dai diari, che riprende a scrivere con assiduità, sappiamo che li appende ovunque, ne riempie ogni centimetro di ogni stanza - la madre di Vincent aveva risolto il problema abbandonandoli nel magazzino di un falegname - mentre riflettendo continua a guardarli per capirne una volta per tutte l’essenza e trovare la chiave che possa portarli nel cuore delle persone.

Il Vaso di Fiori, La Mietitura, I Mangiatori di Patate e La Strada di Clichy, i disegni di Arles e di Saint-Rémy, i tre Giardini e il Mandorlo in Fiore: Johanna si sveglia, passeggia per la casa, accoglie i pensionanti, cresce il suo bambino, sempre guardandoli.

Con la tenacia che la contraddistingue inizia parallelamente a studiare arte: riviste, libri, biografie. Frequenta incontri e lezioni tenute da artisti e intellettuali. È avida di apprendere tutto ciò che Theo non ha fatto in tempo a trasmetterle.

Nel frattempo, per sentirsi più vicina a Theo inizia a leggere le lettere di Vincent, una a una.

Possiamo immaginarla, di sera, finito il lavoro con gli ospiti della pensione, seduta accanto al camino, circondata dai quadri, le lettere sparse sul grembo. Le legge, e piano piano si addentra nel mondo di Vincent.

Quelle lettere sono quadri anch’esse. Vincent le ha scritte come se stesse aggiungendo pennellate su pennellate. Inframezzate da schizzi, piene di descrizioni, sui colori del cielo, le forme degli alberi, Vincent guarda al mondo come a un essere consapevole. Dalla calligrafia si intuisce se quel giorno stava provando rabbia, dubbio, esaltazione. Sono lettere piene della sua essenza, del suo animo. 
 

I dettagli della vita quotidiana, le sue tribolazioni, la sua insonnia, la sua povertà, le sue paure, la sua insicurezza, tutto è mescolato con resoconti dei dipinti sui quali sta lavorando, le tecniche che sperimenta, le sue letture, le ispirazioni che gli arrivano dai dipinti di altri artisti. Cerca di esprimere a parole ciò che sta cercando di ottenere con il colore: “Viola città, giallo stella, verde-azzurro cielo; i campi di grano hanno tutti i toni: oro antico, rame, oro verde, oro rosso, oro giallo, bronzo verde, rosso e giallo”. 
 
 
In quelle lettere c’è tutto quello che adesso viene definito il suo: Why.
 
Jo è profondamente toccata, si sente per la prima volta vicina a lui, capisce finalmente tutto quello che ha attraversato.

Lei stessa si sente sola, fragile, addolorata. 
Dopo aver consumato le parole scritte dal cognato, torturato dalle proprie angosce nella camera della sua pensione in una notte di tempesta, scrive lei stessa: "Mi sento così desolata che per la prima volta capisco cosa deve aver sentito in quei tempi in cui tutti si allontanavano da lui”.

Comprende profondamente che tutto ciò che ha animato l’arte di Vincent è il desiderio di portare l’arte al cuore delle persone comuni, semplici: “Nessun risultato del mio lavoro mi sarebbe più gradito di sapere le mie opere appese nelle stanze, nei luoghi di lavoro di normali lavoratori".

Johanna si sente una di loro.
È fragile, come Vincent. È allo stesso tempo una persona comune, come coloro ai quali Vincent si rivolge.

Passeggiando per la casa guarda alle decine di quadri con sguardo nuovo… e improvvisamente, un’epifania!

Le lettere. Quella è la chiave che stava cercando.
Lettere e quadri non possono essere separate!

Nelle lettere c’è tutta l’intensità che ha dato origine a quelle opere d’arte, nelle lettere sono descritte la loro profondità e il sentimento che le ha animate.

È questo un momento epocale per la storia dell’arte, una pietra miliare.
Fino ad allora nessuno aveva mai guardato ai quadri come a qualcosa che potesse contenere l’interiorità del loro autore.
Se ne ammirava la tecnica, la capacità dell’artista: venivano giudicate e apprezzate solo per quello.

Jo compie un passo avanti, va oltre la maestria: guarda all’anima e la vede.

Non è tuttavia priva di dubbi e timori e le annotazioni sul suo diario sono spesso piene di incertezze.

La mia visione è completamente sbagliata al momento. La vita è così difficile e così piena di tristezza intorno a me e ho così poco coraggio!"

Da uno dei pochi pittori in buoni rapporti con Vincent, Emile Bernard, ha ricevuto l’offerta di una mostra per Vincent a Parigi. Bernard è un buon pittore, un buon amico, potrebbe dare a Vincent una discreta notorietà. Eppure… Eppure qualcosa in Johanna la spinge a credere che ci sia di più in serbo per loro. Per Theo, per Vincent. Qualcosa che somiglia all’immortalità…

Forte della spinta di quella che adesso sente come una missione si rivolge per primo a Jan Veth, pittore egli stesso, apprezzato critico d’arte e amico di famiglia.

Veth, pur non essendo un puro accademico e non amando particolarmente la critica che si basa solo sulla bravura tecnica e le capacità, non ama i quadri di Vincent. Li trova volgari. È d’accordo con una delle prime critiche sui quadri di Vincent che li aveva definiti come “Paesaggi senza profondità, senza atmosfera, senza luce, i colori non mescolati messi uno accanto all'altro senza armonizzarsi a vicenda, come se l’artista stesse dipingendo con il desiderio di essere moderno, bizzarro, infantile.

È inoltre riluttante a prendere in considerazione quello che una donna, per di più non appartenente al mondo intellettuale, gli sta chiedendo di fare: riconsiderarli dopo aver letto le lettere del loro autore.

Johanna annota nel suo diario un profondo senso di offesa, al quale però aggiunge: “Non mi fermerò finché non gli saranno piaciuti".

Deve insistere molto per farlo accettare: perché mai dovrei leggere le lettere di un artista quando so che i suoi quadri non sono apprezzabili? Che mi importa del sentimento che li ha fatti nascere, della sua vita, delle sue emozioni?

Jo non demorde; sa che tra i critici del tempo è il più aperto a considerare nuove forme di espressione, cerca di aggirare la sua riluttanza nei confronti del cognato aprendole il suo cuore, spiegandogli che lei stessa ha letto le lettere solo per sentirsi vicina a suo marito ignorando che le sarebbero entrate nel cuore e nell’anima. Infine semplicemente gliele consegna, tutte e seicentocinquantuno, supplicandolo di leggerle.

Per favore, per favore, fallo!

E lui, seppure a malincuore, lo fa.

Probabilmente i tempi sono maturi, probabilmente Veth ha una predisposizione animica che Johanna ha riconosciuto, fatto sta che come Jo, e come Jo sperava, rapito dalle parole di Vincent, può guardare alla sua arte con sguardo nuovo.

E scrivere la prima recensione positiva del pittore van Gogh.
Che momento!

Dichiara che adesso può capire e vedere che l’artista stava cercando “le radici grezze delle cose, guardando il mondo esattamente come è e ritraendolo nella sua bellezza imperfetta”.

Le parole di Veth fanno scalpore, a questa prima critica positiva ne segue un’altra firmata da Richard Roland Holst, e poi altre e altre ancora provenienti da tutti coloro che Johanna riesce a raggiungere: è sempre lei che tesse, contatta, organizza.

E il cerchio del consenso si allarga.

Le persone iniziano a sentir parlare di queste opere, del loro autore e della sua vita intensa, e per la prima volta desiderano acquistarle, possederle.

E qui, Johanna, che nel frattempo ha continuato a studiare il mercato dell’arte e a frequentare artisti, critici, intellettuali, fa un’altra mossa intelligente.

Invia i dipinti alle mostre più importanti (oltre cento in tutta Europa) ma solo affinché le persone possano vederli, parlarne, desiderarli.
Non acquistarli: li invia per lo più in prestito.

Non è infatti ancora il momento per l’ultimo passo decisivo: dopo averle tanto disprezzate le persone devono arrivare a desiderare le opere di Vincent van Gogh così intensamente da pagare, per averle, quanto Joanna pensi meritino: tantissimo.

Fa questo, pazientemente e con cura, per diversi anni, durante i quali il fascino dei dipinti di van Gogh aumenta costantemente.

Arriviamo così al 1905, quindici anni dopo la morte di Vincent: Johanna Bonger van Gogh è pronta per la prima vera grande mostra dei dipinti del cognato.

In tutto questo tempo ha imparato tutto quello che le occorre, sa come funziona il mondo dell'arte ed è decisa a fare tutto da sola.
Affitta i prestigiosi locali dello Stedelijk Museum ad Amsterdam, ne organizza gli spazi, decide quali opere appendere, e come. Stila il nome dei più prestigiosi invitati, e il quindicenne Vincent scrive gli inviti.

Tutto è pronto!
Anche le persone? 
Oh sì, anche loro.

Le persone arrivano e tutti conoscono la storia di Vincent, il romantico tragico passionale pittore van Gogh, il grande artista che per tutta la sua breve vita ha lottato per portare al mondo il suo personale significato di bellezza.

Giungono da tutta Europa per le 484 opere in mostra tra Luglio e Agosto del 1905 ad Amsterdam, e acquistano con così tanto desiderio che i prezzi aumenteranno di due e infine tre volte nei mesi immediatamente successivi.

Con l'abilità che ormai la contraddistingue, Johanna non ha incluso tra queste tutte le ultime opere di Vincent, quelle del periodo della casa di cura, che in seguito diverranno le più amate, tra le quali “Notte Stellata”. Pensa che potrebbero ancora sconcertare parte della critica, immagina che in seguito il loro valore aumenterà in modo vertiginoso, e ancora una volta dimostra di sapere cosa sta facendo.

"Notte Stellata" verrà acquistato l’anno successivo dal Museum of Modern Art, diventando il primo van Gogh nella collezione di un museo di New York.
 
"Nella profondità blu le stelle erano scintillanti, verdastre, gialle, bianche, rosa, più brillanti, più smeraldi, lapislazzuli, rubini, zaffiri" (da una delle lettere a Theo)

Il resto è storia. Oggi tutti sappiamo chi è Vincent van Gogh, e chi lo ama ha letto tutte le sue lettere. I suoi quadri sono tuttora tra i più ricercati e desiderati: possiamo forse affermare senza indugio che van Gogh sia il pittore più conosciuto e amato, colui che maggiormente tocca il cuore e l’anima delle persone.

Siamo così pronti a lasciare Joanna e suo figlio, allontanandoci piano piano da loro, mentre negli anni continuano infaticabili a portare l’opera di Vincent nel mondo.

Gli ultimi passi dell’infaticabile Johanna sono la pubblicazione delle lettere tradotte in inglese, che avverrà nel 1914. 
L’espansione della fama di Vincent negli Stati Uniti, che Johanna curerà personalmente trasferendosi a New York per tre anni. 
E infine il più romantico e forse notevole di tutti: verso la fine della sua vita, mentre sta traducendo le lettere in inglese, fa in modo che i resti di Theo vengano dissotterrati dal cimitero olandese dove era stato sepolto e seppelliti ad Auvers-sur-Oise, accanto a Vincent.
 

 

Vive ancora fino al 1925, trascorrendo gran parte del suo tempo nella grande casa di campagna a Laren in compagnia del figlio, della nuora e degli amati nipoti. 
 

Alla sua morte lascia al figlio i duecentoventi dipinti da cui non era riuscita a separarsi.

Sarà con questi che nel 1959 Vincent jr fonderà il museo van Gogh, portando a compimento il desiderio animico dei tre protagonisti di questa storia: dare modo a chiunque di godere ancora e ancora dell’arte di Vincent.

Vincent, Theo, Johanna. Queste persone così legate tra loro, hanno cambiato per sempre la storia dell’arte e il modo di guardare agli artisti e alle loro opere.


È bello alla fine della mia vita, dopo tanti anni di indifferenza e persino di ostilità da parte del pubblico nei confronti di Vincent e del suo lavoro, sentire che la battaglia è stata vinta 
(Johanna Bonger van Gogh, da una lettera scritta nel 1923)

Johanna Bonger van Ghogh, 1909



***

Ho avuto desiderio di raccontarre questa storia bellissima da quando io stessa, qualche tempo fa, ne ho letto alcuni cenni che mi hanno spinto ad approfondire.
 
Pensavo di sapere tutto su van Gogh: non era affatto così.
 
Ma per nessuno lo era. Solo di recente, grazie a  Hans Luijten, uno storico dell'arte "ammalato del virus di Van Gogh", come lui stesso si definisce, sappiamo come sono andate davvero le cose e il ruolo fondamentale avuto da Johanna. Da ricercatore appassionato di tutto ciò che riguarda van Gogh, sentiva, sapeva, che dalla ricostruzione dei fatti mancava un fondamentale tassello: cosa aveva reso possibile questo rovesciamento delle cose? 
 
Quando Luijten ha iniziato ad approfondire la figura di Johanna ha capito di essere sulla strada giusta. Questo lo ha portato a cercare ovunque, qualunque tipo di notizia, approfondendo e approfondendo... fino a quando, un benedetto giorno del 2009, la famiglia van Gogh ha accettato di fargli avere accesso ai diari di Johanna, oltre cinquecento pagine tenute fino a quel momento segretamente sotto chiave.
Il tassello che mancava era lì.


Detto questo, trovo ci siano molti spunti da cui farsi ispirare, qualsiasi sia il nostro compito nel mondo.

Amare. Studiare. Approfondire. Andare contro le convenzioni. Avere un piano e perseguirlo, con costanza e cura ogni giorno, senza mai arrendersi, neanche e soprattutto nei momenti neri di massima sfiducia. Tenere un diario per avere memoria. Non aver timore nel prendere contatto e proporre le nostre idee a chi pensiamo potrebbe aiutarci o consigliarci. Tessere rapporti, dare fiducia. Raccontare, raccontare, raccontare: quanto è stata importante la narrazione in questa vicenda? Se Vincent non avesse scritto e descritto i suoi perché, adesso, sapremmo della sua esistenza? E infine, utilizzare quello che si ha. “Fiorisci dove sei piantata” dice un proverbio. Johanna non aveva nulla che fosse considerato di valore. Avevo solo quei quadri.
E li ha trasformati, come un’alchimista, da piombo, in oro.


Spero questa storia possa toccarvi e ispirarvi come ha fatto con me. Spero che questo mio ritorno al blog vi abbia fatto un po’ piacere.

Prometto che le prossime volte sarò più breve nei miei scritti (mi sto specchiando… il naso non sembra crescere).


A tutte e tutti, un abbraccio!
 
*** 
 
 
No, non era finita.
Perché adesso, per favore, commuovetevi:


https://www.youtube.com/watch?v=ubTJI_UphPk
 
 




mercoledì 2 ottobre 2019

811 - Nuovi dipinti 2019, ovvero: come procede un percorso artistico - e non solo

Come passano i mesi, e gli anni, mi accorgo che l'arte, o almeno la mia, è più qualcosa da fare, che da raccontare. Mi rimane sempre più difficile spiegare perché ho realizzato il tale dipinto, la tale collezione, quale processo mi ha ispirato, dove volevo arrivare... il più delle volte: non lo so! È un mistero, anche per me stessa. 
A causa di questo primo motivo, aggiorno poco questo blog, perché trovo, mi sembra, che sovraccaricare un quadro di parole sui perché o i percome, sia, almeno per me in questa fase, un modo di tradirlo, e con lui tradire me stessa.

Il secondo motivo per cui ultimamente racconto poco i miei quadri, il mio processo, i miei perché è che siamo sovraccarichi di informazioni.

Aprendo qualunque social al quale siamo iscritti accediamo, più volte al giorno, volenti o nolenti, a un surplus di notizie, che la maggior parte delle volte abbiamo deciso noi di vedere, ma anche no. Questo anche no è espresso dalle sempre più numerose pubblicità, dai percorsi inconsci che la rete ci fa compiere (es: apri internet per cercare la ricetta di una torta e ti ritrovi dopo mezz'ora a leggere un articolo sul trading monetario: come ci sei arrivata? Non devo aggiungere altro, sappiamo tutti di cosa sto parlando), e da molto superfluo che, anche chi abbiamo deliberatamente deciso di seguire per interesse, a volte pubblica - emozionare e motivare sono i due cardini in cui procede la legge del marketing on line: poco opportuno ingannarci fingendo di non saperlo, di non averlo capito. La cosa bella è che non deve necessariamente essere così: abbiamo sempre noi la scelta. Di qualunque cosa.

Si pubblica tanto, troppo, e trovo che accedere a questa valanga di informazioni, immagini, video, sia un modo sicuro per deteriorare la nostra parte più sacra che è quella che nutre il nostro bene più prezioso: la creatività.

E quando ti accorgi che una cosa che sta succedendo e che un po' subisci non è, secondo il tuo modo di vedere e sentire le cose e il mondo, la migliore, che fai: aderisci? Ti unisci al grande carosello del flusso continuo? O fai un piccolo impercettibile passo indietro?

Ho scelto il secondo.
Rimanendo fedele a me stessa, alla mia storia, al mio modo di essere, al mio stato di presenza (più o meno forte), rimanendo sincera, ho deciso di raccontare meno. Di esserci meno. Di non unire al grande flusso continuo la mia parte.

Così come stiamo capendo, a schiaffoni climatici, che non è più sostenibile il modo scellerato con cui stiamo gestendo il pianeta, e in molti scelgono di alleggerire la loro presenza, così questo credo accadrà anche nella rete
Probabilmente. Prima o poi.
   
Mi rendo conto che avevo iniziato questo post, dopo molti mesi di silenzio, desiderando parlarvi del mio percorso artistico e invece ho finito per raccontarvi altro: un mio percorso interiore. Mi rendo però ancora più conto che, almeno sempre nel mio caso, sono esattamente la stessa cosa...

E dunque, riprendo il filo: ho scelto di esserci meno.
Di dire meno. Di comunicare meno, di mostrare meno.
Di farlo solo quando davvero sento che quella cosa la devo dire, la devo mostrare: me lo chiedo almeno dieci volte prima, con sincerità, con attenzione. Aspetto, e nella maggior parte dei casi la risposta è che no, è superflua: non così indispensabile, non così importante, non così sincera. La direi forse invece per paura

Già: la costante paura di essere dimenticata, di essere messa da parte.
Ebbene questa paura esiste, è reale, e come tutte le paure può essere riconosciuta, osservata, accolta, tenuta con noi, senza farla nostra. Senza identificazione con essa. Senza che essa debba guidarci nelle nostre azioni.

Utilizzo al minimo facebook, anche quello specifico della mia pagina artistica, utilizzo al minimo anche instagram, sempre guidata da: non devi dirlo/mostrarlo per forza. 
Fallo se è vero.

Dopo questa lunga introduzione, che mi è sgorgata spontanea, torniamo all'argomento del post: il mio percorso artistico attuale e i dipinti che ho realizzato nella prima parte di questo anno.

Dopo la piccola rivoluzione espressa dalle notizie dal mondo fluttuante, dove mi ero liberata da alcuni schemi rigidi che mi ero, nel tempo, autoimposta, ho cercato di riunire le mie due anime: quella della rappresentazione più realistica del mondo (così come lo vedo), e quella più sottile e interiore.

Non è stato un processo semplice. Ma l'ho seguito: a volte con fatica, altre con leggerezza, sempre con fiducia.

E sono nati loro:

Here I am, cm 30x30, tecnica mista su legno (venduto)

La casa rossa, cm 25x35, tecnica mista su cartone telato (venduto)

Come i fiori, cm 30x3o, tecnica mista su cartone telato (venduto)

Into my wild, cm 40x30, tecnica mista su cartone telato (venduto)

Nella silenziosa notte, cm 24x30, tecnica mista su cartone telato (venduto)

Dancing in the blue, cm 40x40, tecnica mista su cartone telato (venduto)

Amazing Grace, cm 30x40, tecnica mista su cartone telato (venduto)

Le rocce rosa, cm 40x40, tecnica mista su cartone telato (venduto)

Luminosa, cm 40x50, tecnica mista su cartone telato (venduto)

L'altra notte, cm 20x30, tecnica mista su cartone telato (venduto)

La casa azzurra, cm 24x30, tecnica mista su cartone telato - disponibile sul mio sito

La casa di vetro, cm 40x40, tecnica mista su cartone telato - disponibile sul mio sito

È davvero necessario raccontare questi quadri uno a uno? Non è più interessante invece che ogni persona che li guardi, sentendosi in qualche modo attratta, immagini il loro mondo? Si faccia raccontare dalle immagini cosa queste stanno comunicando unicamente a lei?

Sono sempre più convinta di questa seconda tesi. 

Detto questo, potrei ripensarci domani, o potrei sentire che invece su qualcuno ho desiderio e voglia sincera di dire qualcosa in più, raccontare il processo. 

Mi lascio libera, sempre, come sempre.
Così come invito sempre a essere libere voi.

Concludo dicendo che nonostante di questi dipinti io abbia raccontato il minimo, ognuno ha saputo parlare a un cuore in ascolto, e tutti (meno gli ultimi due, ancora in attesa) hanno, attraversando l'Italia e in quattro casi anche l'Oceano Atlantico, trovato la loro casa - segno e riprova che non è così importante dire, e che quello che deve giungere lo fa.

Gli ultimi due sono, come dicevo, in attesa. Ma non si preoccupano minimamente di questo.
Loro (non io, ma loro sì) sanno benissimo per chi sono stati dipinti. Sanno che qualcuno guardandoli penserà: «Ti stavo aspettando».
E aspettano a loro volta.

***

Io non so se c'è ancora qualcuno se si ferma a leggere questo blog. Se ci siete, se ci sei, e vuoi darmi un segno del tuo passaggio, vuoi dirmi cosa pensi di ciò che ho scritto,  ti leggerò con interesse. 
Allo stesso modo, se vorrete che io approfondisca l'argomento inquinamento di e da internet proverò a farlo seguendo sempre la mia esperienza.

***

Il mio lavoro sta continuando in questa seconda parte dell'anno in modo interessante, che sicuramente tornerò a mostrarvi.

Nel frattempo a tutte e tutti voi un caro saluto e alla prossima.

venerdì 12 ottobre 2018

810 - Dipingo la tua anima - nuovo progetto di dipinti su commissione

Se questo progetto avesse un sottotitolo, potrebbe essere: "Quando i mondi fluttuanti ti ricordano chi sei".

Eravamo rimaste, con l'ultimo post, alla mia recente trasformazione - ancora tutta in divenire, e dunque in continua sperimentazione.

Proprio in una delle fasi di questa sperimentazione, il fluido mondo, i colori e le forme delle notizie dei mondi fluttuanti, si sono inseriti in forme conosciute. E qual è, tra le forme, la più conosciuta?
Il nostro corpo. Il nostro viso.


Se i mondi fluttuanti ci portano notizie, mi sono detta, quali potevano essere, tra le più interessanti, se non quelle provenienti dalla nostra interiorità?
Proprio questo ho sentito guardando queste silhouette così vibranti di vita.
Qualcosa, da dentro, stava emergendo nel fuori, e si disegnava sulla pelle, in continua fluttuazione e movimento. Qualcosa di vitale, vibrante. Come se, potendo vedere attraverso di noi, potessimo chiaramente vedere la nostra vita interiore. Il nostro essere.
La nostra anima?


Il significato e il senso della parola anima, vengono dalla fusione di molte lingue;  tutte in loro portano  la radice an (spirare, soffiare):

ἄνεμος (anemos), greco = vento
anima animus, latino = soffio vitale
atman, sanscrito = alito
anan, gotico = alitare

Possiamo così osservare come l'anima sia universalmente collegata all'idea di respiro. Un respiro che, dal primo della nascita all'ultimo della morte, di continuo ci attraversa, portando a noi notizie dal mondo quando inspiriamo, portandone al mondo di noi quando espiriamo.

Tutto respira. La terra, le stagioni, i fiori, le piante. I pesci in acqua respirano. Gli alberi, gli animali. Le stelle, le galassie. L'universo intero. Tutto respira. Tutto ha un'anima.

Ed è, quello di anima/respiro, un concetto trasversale che attraversa ogni religione e molte delle scienze umane, dall'antropologia alla filosofia.

Ogni popolo e civiltà vi ha trovato un significato fondante. Così come ogni uomo o donna, secondo le loro identità, formazioni, appartenenze, o libertà, vi trovano il loro.


È proprio di questi concetti universali che si permea il mio progetto, staccandosi e allo stesso tempo unendosi a ogni religione, come anche a un senso di religiosità personale, come, ancora, al semplice respiro di ognuno di noi.

L'idea di portare fino a voi questo progetto, tornando, seppure per un periodo limitato nel tempo, a lavorare su commissione, è nato dalla richiesta che qualcuna mi ha fatto dopo aver visto queste prime immagini nate puramente dalla mia fantasia. La richiesta era: puoi farne una per me?

Non ho risposto subito, ho preso tempo, ho lasciato sedimentare, e poi ho risposto: sì, posso. E sarà un piacere, e un onore farmi tramite tra la tua anima e te.

Ed eccomi così a offrirlo oggi a tutte voi, sotto forma di progetto limitato nel tempo di questo autunno 2018.

Otto giorni per prenotare il dipinto della propria anima: da oggi, Venerdì 12 Ottobre, a Sabato 20 Ottobre 2018.

Non potrò realizzarne molti, perché voglio terminarli e consegnarli entro la fine di Novembre. Una decina in tutto.

Una decina di bellissime anime per chi abbia adesso l'immediato desiderio di avere un contatto diretto con la sua.



"Sei pronta a raggiungermi? Mettiti in viaggio. Ti aspetto"

Sul mio sito tutte le indicazioni pratiche.

E alla prossima :)


domenica 8 luglio 2018

809 - Notizie dal mondo fluttuante - come continua la mia evoluzione artistica (prima parte)

Eravamo rimasti al 25 Marzo - che è qui sotto e sembra l'altro ieri e allo stesso tempo un anno fa...
Vi ho raccontato, come potevo, come avviene un cambiamento artistico, o meglio, come è avvenuto in me e per me.
Vado avanti nel raconto, questa volta senza indugiare in troppe spiegazioni, anche perché non è semplice razionalizzare e mettere per iscritto quello che puramente è frutto di un flusso in divenire.

Mi affiderò dunque alle immagini, mostrando ciò che dopo quel primo dipinto di cambiamento è nato, così come è nato.
È un processo ancora in divenire, per questo ho specificato nel tipolo prima parte.
Ancora si sta evolvendo, e, soprattutto, non so ancora dove e come mi porterà.

Ho sempre dipinto storie. In ognuno dei miei quadri ce n'era una intera. Vosì continua ad essere. Anzi, in ognuno di questi dipunti ci sono infinite storie. C'è la vita interiore, c'è l'eterno movimento, c'è il pieno ma anche il vuoto. C'è l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo. C'è l'infinitamente lontano e il vicinissimo. C'è il dentro e il fuori. E c'è tutto quello che ognuno di noi, con la sua storia, il suo essere, il suo punto nel viaggio, potrà e vorrà vedere.

E dunque eccoli, nell'esatta sequenza in cui sono stati realizzati:

Notizie del mondo fluttuante - ©Tiziana Rinaldi 2018
Nel fondo di me - @Tiziana Rinaldi 2018

Il silenzio e le sue sfumature - @Tiziana Rinaldi 2018
Blessed be - @Tiziana Rinaldi 2018
To be here now - ©Tiziana Rinaldi 2018
Respiro - ©Tiziana Rinaldi 2018
I dettami del sogno - ©Tiziana Rinaldi 2018
Dimmi di te - ©Tiziana Rinaldi 2018
Navigare la terra - ©Tiziana Rinaldi 2018

Infiniti microcosmi - ©Tiziana Rinaldi 2018

Joy - ©Tiziana Rinaldi 2018
Fiori d'acqua - ©Tiziana Rinaldi 2018
Stelle pianeti fiori - ©Tiziana Rinaldi 2018
In una goccia - ©Tiziana Rinaldi 2018
Mare al mattino - ©Tiziana Rinaldi 2018

Per oggi mi fermo qui. Mentre il viaggio continua...
(alla prossima!)

domenica 25 marzo 2018

808 - Notizie dal mondo fluttuante - cronaca di un cambiamento

Da mesi, in questo blog, sto parlando di cambiamento.
Sapevo che in me qualcosa era in atto da molto tempo, non sapevo esattamente cosa, non sapevo come sarebbe successo. A dire il vero non sapevo neanche se sarebbe poi davvero successo, e questo forse era quello che più mi rendeva irrequieta.
A volte si sente forte l'esigenza di qualcosa di nuovo, ma per  mille motivi questo qualcosa non riesce poi a prendere forma, ad avvenire, e tutto rimane ancorato nella consuetudine.

In me il cambiamento è invece poi avvenuto davvero.
Un cambiamento stilistico importante, fondamentale direi.
Un cambiamento artistico che, certamente, va di pari passo con un cambiamento personale.

Questa lunga (ma anche breve, perché cercherò di riassumere il più possibile) cronaca  racconta come tutto è iniziato.
È infatti la cronaca della nascita del primo dipinto della nuova me, cronaca che ho già pubblicato, dividendola in più parti, sui miei profili facebook  e instagram
Ma sappiamo tutti come sono veloci quei mondi, dove una notizia pubblicata al mattino la sera è già vecchia.
Per questo voglio riportare tutto in questo che è un luogo della calma e delle cose che rimangono.
Sarà un lungo post, grazie se deciderete di leggerlo.
Mettetevi comode, e iniziamo.

 ***

Da dove si riprende quando tutto, del nostro modo di essere nel mondo conosciuto e che ci conosce, è cambiato? Da dove si inizia a descrivere? Beh: dall’inizio. 

Da un pomeriggio di qualche mese fa, quando dopo ore, giorni, mesi, di irrequietezza, di frustrazione, di sentirsi imprigionate in qualcosa divenuto troppo stretto di cui noi stesse siamo state artefici, quando ormai si sta facendo strada lo strisciante sentimento di lasciare tutto, in un pomeriggio assurdo di immobilità estrema (ero stata non so quante ore ferma, seduta su una sedia a guardare fuori) mi sono avvicinata al tavolo da lavoro, ho guardato il foglio che da giorni stava lì in attesa (un foglio dove avevo tracciato, potete vedere l'immagine qui sotto, una base stendendo in modo astratto pochi colori, colori che non sapevo però in nessun modo trasformare in qualcosa di davvero mio) l’ho guardato, e come se fosse improvvisamente caduto un velo l’ho visto. 

Ho capito che quei colori sparsi apparentemente a caso, con l'intenzione di farne uno sfondo, coprendoli, erano, invece, qualcosa che voleva emergere, qualcosa con una sua volontà, un mondo che da chissà quanto era lì, in attesa, e mi chiamava. Così ho preso un pastello, e ho tracciato due forme - disegnando, tracciando, facendo emergere, quello che già c’era. 
(Riuscite a vederle? In questa seconda immagine sono solo segni leggerissimi, si trasformeranno, strada facendo).
E tutto è cominciato.

Dopo aver tracciato queste prime due forme, ed essermi sorpresa da quello che vedevo, ho cercato di fare una sola cosa: non pensare.
Se in quel momento mi fossi messa a ragionare sicuramente mi sarei fermata. Spaventata, fermata, tornata indietro su strade conosciute.
Mi sono invece concentrata solo sul silenzio, sul processo, su quello che in modo naturale stava avvenendo, e guidata sempre e solo dai colori e dalle loro forme casuali, ho continuato a tracciare e far emergere ciò che già c’era, vestendo allo stesso tempo il ruolo di creatrice e di osservatrice.
Quello che vedevo nascere era qualcosa di completamente nuovo, somigliava a un mondo, un mondo di cui non avevo ancora nomi o definizioni, ma sapevo essere mio mondo, mia parte di vastissimo e inesplorato mondo, da tanto, tanto tempo...



A quel punto, di fronte a questa immagine che si stava formando quasi per sua volontà, ero tra l’euforico e l’interdetto.
Ho continuato ad andare avanti con, in quel momento, un un’unica curiosità: cosa ne avrei fatto di quella macchia rossa sistemata per orizzontale sulla parte superiore del foglio? :)
L’ho saputo quando ci sono arrivata, e il gesto, la mano, hanno fatto emergere una forma tracciata con un colore leggermente più scuro. Un fiore? Una conchiglia? La forma di un minerale? Una foglia, un fossile... Non so.
Una forma organica, come tutto ciò che le sta attorno.

Ho continuato a lavorare salendo dal basso verso l’alto (nell’esatto contrario di ciò che fino ad allora, in tutti i miei dipinti precedenti, avevo fatto), come un nuotatore che sale verso la superficie dell’acqua, spinta dalla stessa forza naturale...


Alla fine di quel pomeriggio straordinario ero di fronte ad un'immagine completamente nuova e allo stesso completamente mia
Ma cos’era, esattamente? Di che si trattava?
Ero sola in casa in quel momento, continuavo a guardarla sapendo che avevo varcato la soglia di un mondo nuovo, dal quale non sarei tornata indietro. Pensavo ai dipinti precedenti, ancora miei e amatissimi, ma il presente, il futuro, erano in questa direzione, che quel giorno, per sua volontà, si era manifestata.
Ciò che mi sorprendeva e mi rendeva euforica era il movimento che stava in queste forme: tendevano verso qualcosa che le attirava inesorabilmente. Fluttuavano.

"Notizie dal mondo fluttuante" - dipinto finito, nuova serie

Non sapevo però, ancora, che questo fluttuare sarebbe stato così fondamentale da dare il nome, non solo a questo primo lavoro, ma a tutta la nuova serie: notizie dal mondo fluttuante

La definizione è arrivata dopo un po’, quando già stavo dipingendo il secondo o il terzo di questi nuovi dipinti (attualmente sono dieci).
Mondo fluttuante, dal movimento che tutti contenevano, notizie, dal fatto che erano proprio notizie, che arrivavano da mondi altri, dal passato remoto, dal futuro lontanissimo, dal mio più profondo essere.

***

E qui potrei fermarmi, dicendo che tutto è poi continuato e sta continuando in questa direzione - che continuerò a documentare e mostrarvi.

***

Aggiungo oggi solo due cose.
La prima, che chiameremo: benedire.
Non tutti gli anni, ma spesso, da molti anni, scelgo una parola guida. Ultimamente è un fatto frequentissimo e naturale. 
Ma allora, una quindicina d'anni fa, era, almeno per me (ma tutt'ora, devo dire) per lo più un fatto personale, un piccolo rito domestico. Nel tempo ho imparato bene come funziona, so come questa parola può lavorare con noi mostrandoci tutti i suoi significati. Non sempre ne scelgo una, a volte non lo faccio, preferendo lasciare un vuoto di silenzio.
Quest’anno la parola è venuta da sola fino a me. Mi ha svegliato un giorno dicendo: adottami.
La parola, che poi è un verbo è: benedire. Intesa nel suo significato più semplice: bene dire. Dire parole buone.

Nella sua estensione diventa portare benedizioni, con ogni mezzo, in ogni modo.
Trovo estremamente significativo che, subito dopo essermi fatta scegliere da questa parola ed essermi messa a suo servizio, siano arrivati i nuovi quadri.

Infine, la seconda, che tutto conclude.
Era un sabato mattina di qualche settimana dopo, pioveva, stavo ascoltando la radio, quando ho sentito che a Roma era in corso una mostra su Hiroshige (incisore e pittore giapponese, anche detto Maestro della pioggia e della neve).
Non sapendone molto, ma subito affascinata, ho fatto ricerche, trovando tra le prime notizie questa:

"L'ukiyo-e (浮世絵 "immagine del mondo fluttuante") è un genere di stampa artistica giapponese su carta, fiorita nel periodo Edo, tra il XVII e il XX secolo”

Tutto si muove, tutto torna.

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