sabato 15 aprile 2023

812 - Vincent, Theo e Johanna, ovvero: quando l’amore incontra la narrazione

Questo lungo scritto, che sto per pubblicare qui oggi dopo un silenzio durato per i miei gusti anche troppo, racconta una storia, penso semisconosciuta, che volevo narrare da anni, senza ancora essere mai riuscita per via del tempo e le difficoltà che sapevo sarebbero occorse.

Una storia meravigliosa, piena di tragedia e gioia, bellezza e difficoltà, tenacia e amore. La voglio raccontare certamente per tutti ma specialmente per chi ama l’arte, e ancora di più per chi, come me, l'arte la fa: da questa storia possiamo trarre infinite ispirazioni.
 
Prendetevi tutto il tempo che occorre, e buona lettura.

***

Immagino che in molti, non solo nell'ambiente artistico, sentendo o leggendo i nomi Vincent e Theo, abbiamo l’immediato rimando di un cognome: van Gogh.

I due fratelli l’uno l’altro amatissimi, la loro storia tragica e struggente - morti in giovane età a poca distanza di tempo l’uno dall’altro.
 
Pochi, credo, conoscono il nome di Johanna. 
Johanna Bonger van Gogh. 
Eppure, in questa storia, lei è la principale protagonista, colei che ha trasformato Vincent, in van Gogh.

Vincent, l’uomo che pur votando tutto se stesso all’arte, era stato così criticato e osteggiato da riuscire a vendere direttamente, e quasi per pietà, un solo quadro. 
Van Gogh, l’artista forse più conosciuto e amato al mondo, colui che riesce a toccare l’anima delle persone attraverso la bellezza struggente delle sue immagini.


Ma facciamo un passo indietro e iniziamo dal principio.
 
Vincent van Gogh nasce, secondogenito di sei figli, nel 1853 a Zundert, un villaggio del Brabante, in Olanda. 
Il fratello che lo aveva preceduto era morto durante il parto, e destino decise che Vincent nascesse esattamente un anno dopo, prendendo di lui data di nascita e nome.

Nel 1854 nasce una sorella, nel 1855, Theo.
 
I due fratelli da subito sono inseparabili, sebbene abbiano due caratteri opposti: Vincent, esuberante e impulsivo, Theo, riflessivo e coscienzioso. Forse proprio per questa esuberanza o perché è il fratello maggiore, Vincent, diventa l’eroe di Theo, la sua bussola, il suo faro.

I due ragazzi crescono; Vincent, dall’animo tormentato, passa attraverso diverse esperienze di vita e lavoro: mercante d’arte, insegnante di inglese, studente di teologia, predicatore.

Theo, più solido e concreto, a sedici anni entra come giovane apprendista nella ditta Goupil & Cie, mercanti d’arte. 
È bravo nel suo lavoro, ha talento, ha occhio, tanto da divenire a ventisette anni dirigente della sede principale del gruppo, a Parigi.

Vincent, nel frattempo ha raggiunto, in un continuo girovagare per diversi paesi, quella che è la sua vera vocazione: essere artista. 
 
Vincent van Gogh, 1885

 

Voglio dipingere” scriverà al fratello “qualcosa di serio, qualcosa di fresco, qualcosa con un'anima in esso”. Anela a un'arte che riveli che "cosa c'è nel cuore di... un nessuno”.

Mi firmerò Vincent” continua “per dare a chi soffre un messaggio d’amore. Vincent, come uno di loro”.
 
A questo punto si potrebbe pensare: Theo è un bravo mercante d’arte, Vincent è pittore. È cosa certa che il primo riuscirà ad inserire il secondo nel mercato e riuscirà a fargli ottenere il successo che pensa meriti.
 
Sappiamo tutti com’è andata in realtà: Theo non riesce a farlo apprezzare: troppo moderno, infantile, strano, folle. Non riesce ad inserirlo nelle mostre, nelle fiere, nei mercati, non riesce a vendere che pochi dei suoi quadri; e Vincent è prolifico, disegna e dipinge ininterrottamente. Opere che nessuno vuole, nessuno comprende, nessuno ama.


A parte Theo. 
 
 
Theodorus van Gogh, 1888


Theo è il suo solo infaticabile ammiratore, colui che lo incoraggia, colui che lo sostiene, emotivamente e economicamente.

Risponde a ogni sua richiesta. Gli manda il materiale che gli occorre per lavorare, paga i suoi alloggi di pittore girovago, lo incoraggia durante i suoi momenti di angoscia e infelicità.
 
I due si scrivono ininterrottamente. Vincent racconta a Theo ogni tratto del suo percorso, Theo risponde.
 
Vincent non conserva che poche lettere del fratello. 
Theo le tiene tutte. Seicentocinquantuno lettere in cui Vincent, animato dalla sua impetuosa e fragile emotività, racconta a Theo ogni dettaglio della sua vita, ogni entusiasmo o dispiacere recati dai suoi incontri, dalle sue giornate, dal suo lavoro.
 
Nel frattempo Theo a Parigi ha conosciuto Andries Bonger, come lui olandese, come lui lì per lavoro. I due diventano ottimi amici, e come gli amici si raccontano le loro vite.
 
Andries Bonger, 1904

 
Fra le altre cose Theo racconta ad Andries di Vincent, Andries racconta a Theo di Johanna, una delle sorelle minori. Jo, per gli amici.
 
Quello di Jo è il ritratto di una ragazza intelligente, pratica, istruita. Suona il pianoforte, ama l’arte e il teatro, parla fluentemente francese e inglese - ciò le permette di lavorare come insegnante e traduttrice.
 
 
Johanna Bonger, 1884
 
 
Tiene un minuzioso diario, iniziato il 26 Marzo 1880, a diciassette anni.

Le prime annotazioni:

Nella routine di tutti i giorni c’è così poco tempo per riflettere, e a volte i giorni passano senza che io li abbia vissuti veramente, giorni in cui la vita mi succede. Questa cosa è terribile. Sarebbe tremendo dire alla fine della mia vita: «Ho vissuto invano, non ho raggiunto niente di grande o di nobile».”
 


 

È proprio grazie a questo prezioso compagno quotidiano che possiamo conoscere tutta la storia che sto raccontando: il diario di una ragazza intelligente e curiosa, dotata e ambiziosa, avida di conoscenza e divertente nei suoi giudizi.

Una ragazza tra due secoli che desidera fare della sua vita qualcosa di bello per se stessa e per il mondo e desidera farlo a modo suo, nella sua maniera schietta e onesta.
 
Passano gli anni, siamo nell’estate del 1885, a Amsterdam.  
Andries è tornato a casa per qualche giorno di vacanza così come Theo.

Andries ha già parlato di lui alla sorella. Ne ha grande stima, lo descrive come un ragazzo colto, divertente, generoso. Non vede l’ora di presentarlo a Jo: l’incontro avverrà un venerdì sera di Luglio.

I tre andranno assieme al Rijksemuseum e assieme trascorreranno i due giorni successivi, tra passeggiate, chiacchiere e risate.

Quando i due ragazzi ripartiranno per Parigi, Johanna scriverà nel suo diario quanto tutto adesso le appaia freddo e solitario e quanto forte sarebbe il desiderio di seguirli.
 
Potrebbe sembrare il resoconto di una ragazza innamorata: non è così. Non ancora almeno.

Innamorato totalmente è invece Theo, che da quell’incontro non pensa altro che a Joanna, e a quando potrà incontrarla di nuovo.
 
Dovrà trascorrere un anno prima che i due si vedano nuovamente, un anno nel quale Theo non pensa ad altro che a farne la donna con cui condividere la vita, e lo pensa così intensamente che dopo pochi minuti e i primi convenevoli di quel secondo incontro estivo, dichiara alla ragazza le sue intenzioni.

Come sempre, sappiamo tutto dal diario, in cui Jo la sera stessa annota di come questo momento le abbia spezzato il cuore:

Quello che ha evocato è stato per me l'ideale che ho sempre sognato; una vita ricca piena di varietà, piena di cibo per la mente, una cerchia di persone intorno a noi che ci augurano ogni bene, che vogliono fare qualcosa nel mondo. La mia vaga ricerca e il mio desiderio si sono trasformati in un obbligo che è pronto e mi aspetta: renderlo felice. Oh, se solo potessi…

Sebbene ammiri Theo, sebbene pensi che sia un uomo dotato e intelligente con il quale potrebbe condividere la vita bella, interessante, varia, ricca di stimoli che desidera, non lo conosce. Non lo ha frequentato che per tre giorni, l’anno prima. Come può accettare di sposarlo? Sarebbe come sposare un simpatico e divertente sconosciuto. Sa che gli spezzerà il cuore, e questo la fa soffrire, ma deve dirle di no e rifiutare la sua richiesta.

Theo capisce, accetta la sua risposta, torna a Parigi. 
E inizia a scriverle.

Gli racconta di lui, sottolinea le cose che entrambi amano e desiderano, curiosamente le racconta a lungo proprio di Vincent, il fratello artista eccentrico e stravagante, lunatico e vulcanico, amatissimo.

I due continuano a scriversi in amicizia, nel frattempo Jo vive la sua vita.
 
Attraversa un legame sentimentale infelice seguito da un lungo periodo di profonda malinconia, si rattrista ancora di più per il fratello, che pure si trova in un matrimonio complicato, ed è per rallegrare se stessa e lui che decide di andare per qualche tempo a Parigi alla fine del 1888.

In questi anni era accaduto che Theo e Andries si fossero allontanati, e ciò proprio a causa di Vincent, che aveva raggiunto Theo a Parigi e con il suo carisma irresistibile lo aveva coinvolto in una vita esotica e sregolata con la disapprovazione di Andreas, che aveva così preso le distanze dai due van Gogh.
 
Jo ne è a conoscenza, e il suo intento è fare in modo che Andries e Theo tornino a essere i buoni amici che erano. Ci riesce proprio rivolgendosi a Theo, con una tale simpatia, vicinanza e familiarità che lo coinvolge fino al punto di farlo completamente riconciliare con Andries.
 
I tre sono di nuovo amici, e durante questa frequentazione parigina Theo si rende conto di essere ancora innamorato della ragazza. Sa del suo trascorso sentimentale infelice, non la condanna per questo in nessun modo, anzi, se possibile la ragazza appare ancora più nobile ai suoi occhi. Sa al contempo che può renderla felice, glielo comunica in ogni modo, rendendo tutto così semplice e naturale che Johanna si rende conto infine di amarlo lei stessa, e di essere adesso pronta a condividere la vita con lui.

Si sposano a Amsterdam nel 1889, e subito partono assieme per Parigi.

Theo è così gentile e buono con me, stiamo andando molto d'accordo, ci siamo abituati fin dal primo momento. Niente di forzato, niente di strano, lui è così semplice e naturale. Questo rende tutto così facile, lo dice anche lui… non pensavo sarebbe stato così bello

Queste le parole di Jo in una lettera alla sorella, durante i primi momenti della loro vita insieme.

Nel 1990 nasce Vincent Willem, mentre Jo, avida di apprendere, impara dal marito i primi cenni per diventare lei stessa mercante d’arte. La loro casa è piena dei dipinti di Vincent, che continua a mandarne al fratello intere casse: quale migliore occasione per Theo di fare lezione alla moglie?

Johanna e Vincent Willem


È una vita, la loro, ricca e piena. Johanna la definisce "beata". Godono di una perfetta armonia, il lavoro va bene, è nato il loro primo bambino, sono felici.

Nella primavera del 1890 giunge alla coppia una notizia: lo zio Vincent sta arrivando a Parigi per andarli a trovare e conoscere il suo omonimo nipote. Johanna non sa cosa aspettarsi. È a conoscenza che Vincent non ha mai avuto simpatia per lei; possessivo e geloso dell'amore del fratello ha accolto la notizia del fidanzamento con rabbia. Poco prima del loro matrimonio ha compiuto il cruento e simbolico gesto del taglio dell’orecchio seguito da un lungo periodo presso una casa di cura. È un uomo instabile quello che stanno per ospitare?

Come sempre Johanna affida alla scrittura le sue vivaci impressioni:

"Davanti a me è apparso un uomo robusto, dalle spalle larghe con un colorito sano, uno sguardo allegro nei suoi occhi e qualcosa di molto risoluto nel suo aspetto. «Sembra molto più forte di Theo» è stato il mio primo pensiero."

Vincent è l'incarnazione fisica dello spirito che anima le tele che Jo conosce così bene.

Si è precipitato nell'arrondissement per comprare le olive che ama, torna di corsa invitando con entusiasmo tutti a mangiarle. Si ferma davanti alle sue tele, le studia con intensità. Infine viene condotto nella stanza dove il bambino giace addormentato. I due fratelli si chinano sulla culla: “Entrambi avevano le lacrime agli occhi” scriverà Johanna.

Vincent rimane a Parigi pochi giorni, dopodiché torna a Auvers-sur-Oise, il villaggio dove Theo lo ha pregato di rimanere per usufruire delle benefiche cure del medico che lo ha rimesso in sesto.

Tutto sembra procedere per il meglio, le lettere di Vincent sono finalmente serene. È come come un lampo che squarcia un cielo terso, che nel Luglio 1890 giunge a Parigi la notizia più atroce: Vincent si è sparato due colpi nel petto - alcune tesi biografiche più recenti iniziano a parlare di morte per circostanze misteriose: forse non un suicidio ma un omicidio per una qualche vicissitudine taciuta da Vincent per motivi imperscrutabili. Ma non ci soffermiamo su questo, lasciamo le cose come sono.

Theo corre dal fratello, Johanna gli affida queste righe:

Sono così triste, così profondamente triste. [...] Tutto quello che vorrei è stare con te ora, abbracciarti e mostrarti quanto condivido il tuo dolore e quanto ti amo. Addio, mio ​​carissimo amore, i miei pensieri sono sempre con te”.

Vincent morirà due giorno dopo.

Sono passati due meravigliosi anni dal matrimonio di Theo e Johanna, anni intensi di cui Johanna scriverà: “è stato il più bel sogno che si possa sognare”.

Un sogno destinato a finire troppo presto. Nel Gennaio 1891 morirà anche Theo.

Jo si trova sola, senza un lavoro, con un bambino di neanche un anno da crescere.
E con l’enorme eredità di dubbio valore lasciatale dal marito: oltre quattrocento quadri, centinaia di disegni, e seicentocinquantuno lettere, tutto firmato: “Vincent”.

È una donna pratica. Nel grande dolore sa che deve occuparsi di se stessa e di suo figlio. Prima cosa: trovare un lavoro e assicurarsi la vita quotidiana.

Riprende il suo diario e scrive tra le sue prime annotazioni: “Devo usare tutte le mie forze per migliorare e per essere di aiuto al mio bambino”.

Come molte donne sole di quell’epoca, su consiglio di una cara amica e con l'aiuto del padre, apre una pensione: Villa Helma, a Bussum. 
 

Nel suo paese natale, a una comoda distanza da Amsterdam e dalla famiglia, aspetto fondamentale per l’indipendente Johanna, Bussum è una cittadina frondosa, calma, ma animata da una vivace scena culturale.

Darà da vivere a entrambi” scrive ancora riguardo alla sua nuova attività.

Assicuratosi il pane quotidiano inizia a pensare cosa fare dei quadri di Vincent. Dal marito aveva appreso i primi rudimenti del mestiere di mercante d’arte, ma quei quadri, lui stesso non era riuscito a venderli.

Dai diari, che riprende a scrivere con assiduità, sappiamo che li appende ovunque, ne riempie ogni centimetro di ogni stanza - la madre di Vincent aveva risolto il problema abbandonandoli nel magazzino di un falegname - mentre riflettendo continua a guardarli per capirne una volta per tutte l’essenza e trovare la chiave che possa portarli nel cuore delle persone.

Il Vaso di Fiori, La Mietitura, I Mangiatori di Patate e La Strada di Clichy, i disegni di Arles e di Saint-Rémy, i tre Giardini e il Mandorlo in Fiore: Johanna si sveglia, passeggia per la casa, accoglie i pensionanti, cresce il suo bambino, sempre guardandoli.

Con la tenacia che la contraddistingue inizia parallelamente a studiare arte: riviste, libri, biografie. Frequenta incontri e lezioni tenute da artisti e intellettuali. È avida di apprendere tutto ciò che Theo non ha fatto in tempo a trasmetterle.

Nel frattempo, per sentirsi più vicina a Theo inizia a leggere le lettere di Vincent, una a una.

Possiamo immaginarla, di sera, finito il lavoro con gli ospiti della pensione, seduta accanto al camino, circondata dai quadri, le lettere sparse sul grembo. Le legge, e piano piano si addentra nel mondo di Vincent.

Quelle lettere sono quadri anch’esse. Vincent le ha scritte come se stesse aggiungendo pennellate su pennellate. Inframezzate da schizzi, piene di descrizioni, sui colori del cielo, le forme degli alberi, Vincent guarda al mondo come a un essere consapevole. Dalla calligrafia si intuisce se quel giorno stava provando rabbia, dubbio, esaltazione. Sono lettere piene della sua essenza, del suo animo. 
 

I dettagli della vita quotidiana, le sue tribolazioni, la sua insonnia, la sua povertà, le sue paure, la sua insicurezza, tutto è mescolato con resoconti dei dipinti sui quali sta lavorando, le tecniche che sperimenta, le sue letture, le ispirazioni che gli arrivano dai dipinti di altri artisti. Cerca di esprimere a parole ciò che sta cercando di ottenere con il colore: “Viola città, giallo stella, verde-azzurro cielo; i campi di grano hanno tutti i toni: oro antico, rame, oro verde, oro rosso, oro giallo, bronzo verde, rosso e giallo”. 
 
 
In quelle lettere c’è tutto quello che adesso viene definito il suo: Why.
 
Jo è profondamente toccata, si sente per la prima volta vicina a lui, capisce finalmente tutto quello che ha attraversato.

Lei stessa si sente sola, fragile, addolorata. 
Dopo aver consumato le parole scritte dal cognato, torturato dalle proprie angosce nella camera della sua pensione in una notte di tempesta, scrive lei stessa: "Mi sento così desolata che per la prima volta capisco cosa deve aver sentito in quei tempi in cui tutti si allontanavano da lui”.

Comprende profondamente che tutto ciò che ha animato l’arte di Vincent è il desiderio di portare l’arte al cuore delle persone comuni, semplici: “Nessun risultato del mio lavoro mi sarebbe più gradito di sapere le mie opere appese nelle stanze, nei luoghi di lavoro di normali lavoratori".

Johanna si sente una di loro.
È fragile, come Vincent. È allo stesso tempo una persona comune, come coloro ai quali Vincent si rivolge.

Passeggiando per la casa guarda alle decine di quadri con sguardo nuovo… e improvvisamente, un’epifania!

Le lettere. Quella è la chiave che stava cercando.
Lettere e quadri non possono essere separate!

Nelle lettere c’è tutta l’intensità che ha dato origine a quelle opere d’arte, nelle lettere sono descritte la loro profondità e il sentimento che le ha animate.

È questo un momento epocale per la storia dell’arte, una pietra miliare.
Fino ad allora nessuno aveva mai guardato ai quadri come a qualcosa che potesse contenere l’interiorità del loro autore.
Se ne ammirava la tecnica, la capacità dell’artista: venivano giudicate e apprezzate solo per quello.

Jo compie un passo avanti, va oltre la maestria: guarda all’anima e la vede.

Non è tuttavia priva di dubbi e timori e le annotazioni sul suo diario sono spesso piene di incertezze.

La mia visione è completamente sbagliata al momento. La vita è così difficile e così piena di tristezza intorno a me e ho così poco coraggio!"

Da uno dei pochi pittori in buoni rapporti con Vincent, Emile Bernard, ha ricevuto l’offerta di una mostra per Vincent a Parigi. Bernard è un buon pittore, un buon amico, potrebbe dare a Vincent una discreta notorietà. Eppure… Eppure qualcosa in Johanna la spinge a credere che ci sia di più in serbo per loro. Per Theo, per Vincent. Qualcosa che somiglia all’immortalità…

Forte della spinta di quella che adesso sente come una missione si rivolge per primo a Jan Veth, pittore egli stesso, apprezzato critico d’arte e amico di famiglia.

Veth, pur non essendo un puro accademico e non amando particolarmente la critica che si basa solo sulla bravura tecnica e le capacità, non ama i quadri di Vincent. Li trova volgari. È d’accordo con una delle prime critiche sui quadri di Vincent che li aveva definiti come “Paesaggi senza profondità, senza atmosfera, senza luce, i colori non mescolati messi uno accanto all'altro senza armonizzarsi a vicenda, come se l’artista stesse dipingendo con il desiderio di essere moderno, bizzarro, infantile.

È inoltre riluttante a prendere in considerazione quello che una donna, per di più non appartenente al mondo intellettuale, gli sta chiedendo di fare: riconsiderarli dopo aver letto le lettere del loro autore.

Johanna annota nel suo diario un profondo senso di offesa, al quale però aggiunge: “Non mi fermerò finché non gli saranno piaciuti".

Deve insistere molto per farlo accettare: perché mai dovrei leggere le lettere di un artista quando so che i suoi quadri non sono apprezzabili? Che mi importa del sentimento che li ha fatti nascere, della sua vita, delle sue emozioni?

Jo non demorde; sa che tra i critici del tempo è il più aperto a considerare nuove forme di espressione, cerca di aggirare la sua riluttanza nei confronti del cognato aprendole il suo cuore, spiegandogli che lei stessa ha letto le lettere solo per sentirsi vicina a suo marito ignorando che le sarebbero entrate nel cuore e nell’anima. Infine semplicemente gliele consegna, tutte e seicentocinquantuno, supplicandolo di leggerle.

Per favore, per favore, fallo!

E lui, seppure a malincuore, lo fa.

Probabilmente i tempi sono maturi, probabilmente Veth ha una predisposizione animica che Johanna ha riconosciuto, fatto sta che come Jo, e come Jo sperava, rapito dalle parole di Vincent, può guardare alla sua arte con sguardo nuovo.

E scrivere la prima recensione positiva del pittore van Gogh.
Che momento!

Dichiara che adesso può capire e vedere che l’artista stava cercando “le radici grezze delle cose, guardando il mondo esattamente come è e ritraendolo nella sua bellezza imperfetta”.

Le parole di Veth fanno scalpore, a questa prima critica positiva ne segue un’altra firmata da Richard Roland Holst, e poi altre e altre ancora provenienti da tutti coloro che Johanna riesce a raggiungere: è sempre lei che tesse, contatta, organizza.

E il cerchio del consenso si allarga.

Le persone iniziano a sentir parlare di queste opere, del loro autore e della sua vita intensa, e per la prima volta desiderano acquistarle, possederle.

E qui, Johanna, che nel frattempo ha continuato a studiare il mercato dell’arte e a frequentare artisti, critici, intellettuali, fa un’altra mossa intelligente.

Invia i dipinti alle mostre più importanti (oltre cento in tutta Europa) ma solo affinché le persone possano vederli, parlarne, desiderarli.
Non acquistarli: li invia per lo più in prestito.

Non è infatti ancora il momento per l’ultimo passo decisivo: dopo averle tanto disprezzate le persone devono arrivare a desiderare le opere di Vincent van Gogh così intensamente da pagare, per averle, quanto Joanna pensi meritino: tantissimo.

Fa questo, pazientemente e con cura, per diversi anni, durante i quali il fascino dei dipinti di van Gogh aumenta costantemente.

Arriviamo così al 1905, quindici anni dopo la morte di Vincent: Johanna Bonger van Gogh è pronta per la prima vera grande mostra dei dipinti del cognato.

In tutto questo tempo ha imparato tutto quello che le occorre, sa come funziona il mondo dell'arte ed è decisa a fare tutto da sola.
Affitta i prestigiosi locali dello Stedelijk Museum ad Amsterdam, ne organizza gli spazi, decide quali opere appendere, e come. Stila il nome dei più prestigiosi invitati, e il quindicenne Vincent scrive gli inviti.

Tutto è pronto!
Anche le persone? 
Oh sì, anche loro.

Le persone arrivano e tutti conoscono la storia di Vincent, il romantico tragico passionale pittore van Gogh, il grande artista che per tutta la sua breve vita ha lottato per portare al mondo il suo personale significato di bellezza.

Giungono da tutta Europa per le 484 opere in mostra tra Luglio e Agosto del 1905 ad Amsterdam, e acquistano con così tanto desiderio che i prezzi aumenteranno di due e infine tre volte nei mesi immediatamente successivi.

Con l'abilità che ormai la contraddistingue, Johanna non ha incluso tra queste tutte le ultime opere di Vincent, quelle del periodo della casa di cura, che in seguito diverranno le più amate, tra le quali “Notte Stellata”. Pensa che potrebbero ancora sconcertare parte della critica, immagina che in seguito il loro valore aumenterà in modo vertiginoso, e ancora una volta dimostra di sapere cosa sta facendo.

"Notte Stellata" verrà acquistato l’anno successivo dal Museum of Modern Art, diventando il primo van Gogh nella collezione di un museo di New York.
 
"Nella profondità blu le stelle erano scintillanti, verdastre, gialle, bianche, rosa, più brillanti, più smeraldi, lapislazzuli, rubini, zaffiri" (da una delle lettere a Theo)

Il resto è storia. Oggi tutti sappiamo chi è Vincent van Gogh, e chi lo ama ha letto tutte le sue lettere. I suoi quadri sono tuttora tra i più ricercati e desiderati: possiamo forse affermare senza indugio che van Gogh sia il pittore più conosciuto e amato, colui che maggiormente tocca il cuore e l’anima delle persone.

Siamo così pronti a lasciare Joanna e suo figlio, allontanandoci piano piano da loro, mentre negli anni continuano infaticabili a portare l’opera di Vincent nel mondo.

Gli ultimi passi dell’infaticabile Johanna sono la pubblicazione delle lettere tradotte in inglese, che avverrà nel 1914. 
L’espansione della fama di Vincent negli Stati Uniti, che Johanna curerà personalmente trasferendosi a New York per tre anni. 
E infine il più romantico e forse notevole di tutti: verso la fine della sua vita, mentre sta traducendo le lettere in inglese, fa in modo che i resti di Theo vengano dissotterrati dal cimitero olandese dove era stato sepolto e seppelliti ad Auvers-sur-Oise, accanto a Vincent.
 

 

Vive ancora fino al 1925, trascorrendo gran parte del suo tempo nella grande casa di campagna a Laren in compagnia del figlio, della nuora e degli amati nipoti. 
 

Alla sua morte lascia al figlio i duecentoventi dipinti da cui non era riuscita a separarsi.

Sarà con questi che nel 1959 Vincent jr fonderà il museo van Gogh, portando a compimento il desiderio animico dei tre protagonisti di questa storia: dare modo a chiunque di godere ancora e ancora dell’arte di Vincent.

Vincent, Theo, Johanna. Queste persone così legate tra loro, hanno cambiato per sempre la storia dell’arte e il modo di guardare agli artisti e alle loro opere.


È bello alla fine della mia vita, dopo tanti anni di indifferenza e persino di ostilità da parte del pubblico nei confronti di Vincent e del suo lavoro, sentire che la battaglia è stata vinta 
(Johanna Bonger van Gogh, da una lettera scritta nel 1923)

Johanna Bonger van Ghogh, 1909



***

Ho avuto desiderio di raccontarre questa storia bellissima da quando io stessa, qualche tempo fa, ne ho letto alcuni cenni che mi hanno spinto ad approfondire.
 
Pensavo di sapere tutto su van Gogh: non era affatto così.
 
Ma per nessuno lo era. Solo di recente, grazie a  Hans Luijten, uno storico dell'arte "ammalato del virus di Van Gogh", come lui stesso si definisce, sappiamo come sono andate davvero le cose e il ruolo fondamentale avuto da Johanna. Da ricercatore appassionato di tutto ciò che riguarda van Gogh, sentiva, sapeva, che dalla ricostruzione dei fatti mancava un fondamentale tassello: cosa aveva reso possibile questo rovesciamento delle cose? 
 
Quando Luijten ha iniziato ad approfondire la figura di Johanna ha capito di essere sulla strada giusta. Questo lo ha portato a cercare ovunque, qualunque tipo di notizia, approfondendo e approfondendo... fino a quando, un benedetto giorno del 2009, la famiglia van Gogh ha accettato di fargli avere accesso ai diari di Johanna, oltre cinquecento pagine tenute fino a quel momento segretamente sotto chiave.
Il tassello che mancava era lì.


Detto questo, trovo ci siano molti spunti da cui farsi ispirare, qualsiasi sia il nostro compito nel mondo.

Amare. Studiare. Approfondire. Andare contro le convenzioni. Avere un piano e perseguirlo, con costanza e cura ogni giorno, senza mai arrendersi, neanche e soprattutto nei momenti neri di massima sfiducia. Tenere un diario per avere memoria. Non aver timore nel prendere contatto e proporre le nostre idee a chi pensiamo potrebbe aiutarci o consigliarci. Tessere rapporti, dare fiducia. Raccontare, raccontare, raccontare: quanto è stata importante la narrazione in questa vicenda? Se Vincent non avesse scritto e descritto i suoi perché, adesso, sapremmo della sua esistenza? E infine, utilizzare quello che si ha. “Fiorisci dove sei piantata” dice un proverbio. Johanna non aveva nulla che fosse considerato di valore. Avevo solo quei quadri.
E li ha trasformati, come un’alchimista, da piombo, in oro.


Spero questa storia possa toccarvi e ispirarvi come ha fatto con me. Spero che questo mio ritorno al blog vi abbia fatto un po’ piacere.

Prometto che le prossime volte sarò più breve nei miei scritti (mi sto specchiando… il naso non sembra crescere).


A tutte e tutti, un abbraccio!
 
*** 
 
 
No, non era finita.
Perché adesso, per favore, commuovetevi:


https://www.youtube.com/watch?v=ubTJI_UphPk
 
 




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