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venerdì 12 gennaio 2018

804 - Le cose della settimana e un nuovo dipinto

Vorrei inaugurare, con questo post, una rubrica che chiamerò "Le cose della settimana". Un rubrica del Venerdì, che sarà anche modo per me di fare un piccolo resoconto, assieme a voi.

Questa settimana ha piovuto quasi tutto il tempo. 
E così sono rimasta molto a casa, in perfetto stile Gennaio: giacche calde, radio3 al mattino, molti tè e infusi, libri, quaderni, block notes per schizzi e nuove idee.

Ho provato, lo sto ancora facendo, a fare una vera e buona programmazione: non ne vengo mai davvero a capo, per mia natura. Ma allo stesso tempo so quanto sia importante farla, direi fondamentale. E così ci provo, sempre. Questa volta, con l'aiuto di molte letture e alcuni strumenti, sto cercando di semplificarla il più possibile, per adattarla a me. In caso di buona riuscita, ve la illustrerò.

Sto leggendo un nuovo libro "Le cure domestiche" di Marilynne Robinson; è il secondo libro che leggo di questa scrittrice e ancora non riesco a decidere se mi piace e quanto. Ha una prosa bellissima, molto poetica, piena di immagini evocative e struggenti, però c'è qualcosa, forse nella trama, forse nei temi, forse nel modo di portarli avanti, che non mi fa aderire completamente. Sono oltre la metà di questo secondo libro, mi riservo un giudizio più deciso e preciso quando lo avrò finito.

Questa settimana ho anche buttato un quadro sul quale avevo lavorato un intero pomeriggio. Tanto per condividere anche i momenti "argh"! Dopo esserci tornata sopra più e più volte cercando di capire cosa non stava andando e di correggerlo, sono giunta alla conclusione che si trattava di un quadro irrecuperabile e tanta era in quel momento la frustrazione che l'ho buttato. Va' caro e a non rivederci.

Questa è stata la settimana in cui ho riscritto l'about del mio sitoRisaliva ancora ai tempi in cui il mio primo sito è andato on line, il 2001. L'avevo giusto rimaneggiata qua e là, ma da un po' non mi ci sentivo più perfettamente a mio agio: nel frattempo sono cambiata io, nel frattempo è cambiato tutto l'internet, diventando via via più dettagliato e professionale.
Ho letto non so quanti articoli su come si fa una buona about page (che è la pagina più importante in un sito: lo so io per prima, essendo la prima pagina che cerco e leggo quando arrivo su un sito sconosciuto per la prima volta). Ho anche letto tantissime about page di altre creative, cercando di capire cosa mi faceva battere il cuore e cosa no.
Alla fine mi sono messa lì, e ho scritto la mia.

L'ho fatto tre volte in tre giorni. Infine l'ho pubblicata.
Non è perfetta, non è definitiva - continuerà a cambiare così come io cambio, così come cambia la mia offerta.
Quello che ci tenevo soprattutto a fare, era, più che parlare di me, parlare con voi, con chi mi legge. Spero di essere riuscita.


Questa settimana ho indossato per la prima volta una bellissima giacca blu appena acquistata e della quale sono innamoratissima.
Sto imparando anche a voler bene ad un nuovo taglio di capelli che inizialmente non mi convinceva del tutto (un normalissimo carrè). 
Una sera ho cucinato delle buonissime cotolette di sedano rapa e vorrei fare presto una torta con farina di castagne.

Infine, questa settimana ho finito il mio primo dipinto del 2018.
Sono ancora in piena fase di sperimentazione floreale, la amo, la adoro, e penso andrò avanti ancora a lungo.


Si intitola Floral #6, misura cm 39x29, è dipinto con tecnica mista su carta e lo potete trovare nel mio sito.

Adoro quel blu/verde intenso della base, così scuro, così come queste giornate d'inverno.
Ma proprio in questa oscurità sta segretamente prendendo vita ogni nuovo fiore della prossima buona stagione.


A tutte e tutti un abbraccio e alla prossima!

sabato 2 settembre 2017

85 cose su mio padre - e un regalo

Oggi mio padre avrebbe compiuto 85 anni. 
Gli sarebbe piaciuto questo numero importante, lo divertiva  l’idea di diventare vecchio; ci trovava qualcosa di irriverente. Avremmo fatto festa, avrebbe scartato uno a uno i suoi regali con il misto di calma, curiosità e svagatezza con cui li scartava, commentando ogni passaggio col solito modo divertente e divertito. 
Così non andrà: è questo il secondo compleanno che mio padre non passa assieme a noi.
Non per questo voglio che gli manchi il mio regalo.
Che gli dedico assieme a 85 ricordi che lo riguardano.
Uno per ogni anno.
E buon compleanno ba’!

***

1 - Emilio Attilio Federigo era nato nel 1932 a Porto Santo Stefano di Monte Argentario

2 - Quarto e quinto di cinque figli, il fratello e, due anni dopo, lui erano nati dopo un lungo respiro genitoriale, trovando due sorelle e un fratello adulti, e due genitori quarantenni che in poco tempo sarebbero diventati anche nonni

3 - La madre non aveva avuto il coraggio di dire al suo primo figlio, soldato di marina in navigazione da molto tempo, che era nato questo ultimo fratellino. Alla sua prima licenza andò ad accoglierlo alla stazione con un neonato in braccio, e lui dopo averla baciata e abbracciata la guardò e interdetto chiese: ma lui chi sarebbe?

4 - La sorella maggiore aveva quindici anni più di lui e lo trattava come un figlio bambolotto. Quando la madre rientrava da lavorare e lo chiamava giù dalle scale, lei si affacciava dicendole: ssshhhh! Fai piano che me lo svegli! Mia nonna la guardava e le rispondeva: guarda che è mio, mica tuo

5 - La sua unica immagine da bambino lo ritrae accanto al fratellino nella foto di famiglia scattata al matrimonio della stessa sorella 

6 - Entrambi i bambini indossano guantini bianchi

7 - Ci raccontava poi che ricordava quell’evento, ma soprattutto ricordava i guantini bianchi e il divieto di sporcarli. Era rimasto un giorno intero senza toccare nulla per il timore di infrangere la promessa

8 - Il padre, mio nonno Giuseppe, era telegrafista, figlio di telegrafista; ai cinque figli, lui e la moglie Alfa, che sovente lo aiutava nel lavoro (più che un lavoro, a quei tempi, quasi una missione) avevano insegnato, prima ancora che l’alfabeto italiano, l’alfabeto Morse; tra loro in casa erano tutti capaci di comunicare, come in una sorta di linguaggio segreto, a suon di linea punto punto linea

9 - L’ultimo figlio di Beppino il Telegrafista era stato poi, principalmente e per sempre: un bambino di mare

10 - La loro casa, era anche, in parte, sede di un albergo, e si chiamava Palazzo Roseo; affacciava direttamente sugli scogli tanto che i due fratelli uscivano dalla finestra della loro camera e si tuffavano in acqua a loro piacimento; dal primo Marzo, a fine Novembre

11 - Il suo sogno infantile era stato così, naturalmente: andare per mare, navigare; aveva anche studiato per farlo

12 - Ma al momento di intraprendere la vita da marinaio aveva drammaticamente scoperto di soffrire la navigazione al chiuso in modo totale e debilitante

13 - Per fortuna non soffriva affatto né sui guzzi, né in barca a vela, e in quel modo poté comunque navigare per tutta la vita

14 - Proprio durante una di queste navigazioni selvagge era accaduto che la barca che li aveva accompagnati, lui e un paio di amici, li avesse poi dimenticati, ripartita per altri giri, la sera, su una delle isole qua attorno. Avevano trascorso lì una notte da naufraghi. Una grande e indimenticabile avventura

15 - Il bambino di mare era crescendo diventato uno spericolato ragazzo di mare

16 - Rimaneva sott’acqua, ovviamente senza ossigeno, così a lungo, che ogni volta da riva si allarmavano dicendo: stavolta è morto

17 - Era anche un gran corridore. Da ragazzino mio nonno lo mandava a consegnare i telegrammi che arrivavano a una certa nobile signora che viveva in una villa isolata e arroccata dall’altra parte del promontorio, in cambio di cinque lire. Lui faceva la lunghissima e ripida strada tutta di corsa, andata a ritorno

18 - A missione compiuta, riscosse le cinque lire, in un ultimo sforzo correva alla latteria e comprava cinque gelati da una lira, per mangiarseli uno per volta

19 - La lattaia gli diceva sempre: figlio mio, ma compratene uno da cinque! Ma lui, bambino preciso e deciso, preferiva cinque da uno. C’era molto più gusto

20 - Era diventato zio a sei anni

21 - Assieme al fratello e a uno dei nipoti avevano, ragazzini, costruito una radio con cui sentivano Radio Londra

22 - Adorava, di amore vero e puro, la musica

23 - Gli piaceva ballare, anzi, di più: era un bravissimo ballerino, con un senso del ritmo innato

24 - Gli piaceva anche cantare e aveva imparato da solo a suonare la chitarra

25 - E così da giovanissimo era diventato parte di un piccolo gruppo musicale

26 - Si chiamavano I Marineri e animavano tutte le feste di questa minuscola parte di mondo

27 - Tra le tante sue passioni era anche la fotografia. Si era ricavato in bagno una piccola camera oscura nella quale avrebbe sviluppato, negli anni, migliaia di immagini

28 - La sua infanzia e giovinezza erano state serene e divertenti, fino a che la guerra e la tragedia avevano bussato alla loro porta 

29 - Il fratello maggiore, ventisettenne, era stato dichiarato disperso nella battaglia di Capo Matapam, avvenuta nelle acque a Sud del Peloponneso tra il 28 e il 29 Settembre del 1941

30 - Alla notizia erano seguiti lunghi mesi di ricerche, richieste, lettere andata e ritorno, speranze e angoscia, fino a che, due anni dopo, il disperso era stato ufficialmente dichiarato morto

31 - Mio padre aveva allora undici anni e aveva visto questo suo fratello forse una decina di volte in tutta la vita

32 - Da quel momento sua madre, una donna allegra, vitale, piena di talenti, si era chiusa in un suo lutto profondissimo e inaccessibile dal quale non era riemersa mai più completamente

33 - E mio padre, ultimo figlio ancora bambino, era stato permeato da tutta quella malinconia, che gli rimase dentro come una lieve traccia sempre presente

34 - Era diventato, per mia nonna, il figlio fondamentale. Lo portava con sé in chiesa dove rimaneva raccolta in preghiera per tutto il pomeriggio, fino a che mio padre, esausto, si addormentava disteso su una panca

35 - Il lutto della madre lo aveva reso anche particolarmente protettivo nei suoi confronti. Lui avrebbe amato viaggiare, girare il mondo: era uno spirito estremamente libero

36 - Una delle prime mete sarebbe stata il suo mito personale: Capo Nord

37 - Così facendo avrebbe però portato alla madre preoccupazioni, dispiaceri

38 - Aveva così rinunciato, per adeguarsi a una vita stabile, anche se sempre ricca di piccole scoperte e curiosità 

39 - A diciotto anni, finita la scuola, e riposto il sogno delle navigazioni, era andato a lavorare con il padre all'ufficio telegrafico

40 - Grazie a quei primi guadagni era diventato l’orgoglioso proprietario di una Vespa verde

41 - Erano gli anni cinquanta, anni di musica americana, pomeriggi al cinema, uscite in barca, lunghe nuotate

42 - Agli inizi degli anni sessanta aveva poi conosciuto mia madre, più giovane di lui di dieci anni: in breve tempo si erano innamorati, fidanzati, sposati

43 - Nel giro di un anno, un pomeriggio di dicembre ero arrivata io, la prima figlia

44 - Era un padre divertente, quasi mai severo, molto fiducioso nelle mie doti di bambina coraggiosa e spericolata

45 - Appena duenne mi aveva lasciato ad aspettarlo sulla porta di un negozio non molto lontano da casa perché aveva dimenticato qualcosa e doveva tornare a prenderla

46 - Mia madre vedendolo rincasare e sentendo dove mi aveva lasciato, sola, era sbiancata perdendo alcuni anni di vita 

47 - L'aveva rassicurata dicendole che mi aveva spiegato bene tutto, sicuramente non mi sarei mossa

48 - E difatti lì mi aveva ritrovato, calma e tranquilla

49 - Mia madre ancora da anziano lo rimproverava per quel fatto pericoloso e lontano 

50 - Lui faceva spallucce ridendo

51 - Ogni mia sera di bambina tornava a casa con un piccolo regalo, cose tenere e curiose

52 - Una lampada ad olio

53 - Un portagioie a forma di castagna

54 - Una scatolina di legno intarsiata e dipinta in oro

55 - Un ciondolo d’argento smaltato a forma di gatto

56 - E quando avevo avuto l’età per capire, anche se ancora molto piccola, mi aveva messo di fronte a lui, seduti al tavolo di cucina, con calma e precisione aveva disegnato la rosa dei venti e mi aveva insegnato a riconoscerli. Ancora oggi, ovunque io sia, basta guardarmi attorno per capire che vento sta soffiando e cosa porterà. 
Con l’alfabeto Morse non ha avuto invece lo stesso successo

57 - Mi avrá scattato, e sviluppato, tremilasettecentocinquantatré (bellissime) foto

58 - Girato decine di film a pellicola

59 - Registrato altrettante bobine col registratore Geloso, in cui assieme cantiamo con lui che suona la chitarra

60  - Lo stesso ha fatto con mia sorella, arrivata cinque anni dopo di me

61 - Era un grande rimatore

62 - Capace, come nella migliore tradizione toscana, di andare avanti per ore inventando sestine o ottavine su qualsiasi argomento

63 - Conosceva e ricordava anche decine di filastrocche paesane, buffe e astruse. Allo stesso modo sapeva e raccontava decine di storie vecchie come il tempo, ricche di banditi, sapienti contadini, matti del villaggio

64 - La sua più grande dote, da tutti conosciuta e riconosciuta, era un naturale sense of humour molto english style

65 - L’indole malinconica appresa dalla madre, e una sua innata gentilezza, la nascondevano molto bene

66 - Ma bastava rimanere con lui pochi minuti per trovarsi a ridere per una fulminante battuta detta con la più assoluta e pacata normalità 

67 - Questa dote, assieme al fatto che suonava e cantava benissimo, lo rendevano ospite ambito e anima di ogni festa

68 - Noi familiari conoscevamo però anche i suoi silenzi, i momenti di scoraggiamento, quelli in cui si assentava dal mondo rimanendone fuori anche per ore

69 -  L’unica cosa da fare in quei momenti, lo sapevamo, era rispettarli aspettando che, così come erano arrivati passassero, cosa che puntualmente avveniva. Non ci diceva mai dove era stato in quelle ore. Era sempre e solo un suo segreto

70 - Temeva la violenza fisica. Da lui non ho avuto mai uno schiaffo. Bastava però che mi guardasse perché io capissi al volo che così non andava per niente. E se voleva, sebbene accadesse di rado, poteva colpire con la lingua molto più ferocemente che con una spada

71 - Era, inconsapevolmente, un grande profeta dell’impermanenza

72 - Le sue due massime preferite erano infatti: Tutto viene e passa e Tanto tra cent’anni siamo tutti morti

73 - Se sono diventata zen lo devo anche a questo

74 - Instancabile camminatore, conosceva questa isola-promontorio a memoria e la poteva percorrere, per intero, in un solo giorno

75 - Allo stesso modo ne conosceva fauna e flora: le erbe selvatiche non avevano segreti per lui, così come alberi, versi di animali, correnti marine, rotte di uccelli migratori. Il suo orto, vanto e orgoglio, era così bello e armonico da sembrare dipinto

76 - Non era però capace di cucinare niente. La prima e unica volta che provò a preparare un caffè non mise l’acqua nella moka, rendendola così incandescente che per poco non incendiò la casa

77 - Pur molto posato aveva un lato bizzarro con cui a volte esordiva: e se mi facessi crescere i capelli per farmi una coda? E se mi mettessi un orecchino? Pendente, come i vecchi marinai. Erano attimi, in cui però percepivamo con chiarezza da quante personalità fosse abitato. Una di queste indossava camicie hawaiane, aveva una lunga coda e un orecchino pendente. E probabilmente faceva il musicista girovago

78 - Quando in prossimità dell’ottantesimo compleanno si rese conto che stava perdendo la memoria non ci disse nulla. Uno dei suoi segreti malinconici.
Quando la cosa cominciò a rendersi evidente ci scherzava dicendo: n’antranno è peggio

79 - E quando per la prima volta lo trascinammo dal medico perché dimenticava tutto, fu molto recalcitrante. Non ne voleva sapere. Cercava in tutti i modi di non renderlo evidente

80  - Ci riuscì talmente bene che il medico, uno specialista affermato, venne ingannato alla perfezione da quest’uomo buffo e divertente: mio padre

81 - Ma la malattia avanzava facendo il suo corso e in breve tempo non fu più possibile nasconderla e ignorarla. Una dopo l’altra cancellava intere parti della sua vita fino a che ne rimase solo l’essenza, data dalla sicurezza dei visi amati, e la musica

82 - L’ultimo Natale trascorso tutti assieme fu anche il suo ultimo Natale. Durante il pomeriggio io e mia sorella lo portammo a fare una lunga passeggiata. Indossava una sciarpa azzurra e blu, aveva freddo, era felice

83 - Mentre tornavamo a casa mi chiese se potevamo fermarci dal ferramenta: doveva comprare ami e lenze per suo padre 

84 - Ho dei suoi ultimi giorni una serie di immagini indelebili: lui a letto con una tshirt azzurra da ragazzo. Lui che beve succo d’arancia con la cannuccia e poi a un certo punto sbaglia e invece di succhiare soffia. Lui che canta sommessamente mentre lo laviamo. Lui nel letto del Pronto Soccorso. Lui, respiro lievissimo, la notte in cui perse per sempre conoscenza. Il suo corpo grande e forte, l’ampio torace, le macchine che segnano battiti e pressione, quel respiro leggero, io che vorrei cantare per lui, e lo faccio, sottovoce, mentre un giovane medico passa a controllare di tanto in tanto, affettuoso e discreto. Le ultime ore che trascorro da sola con lui. La morfina. Gli occhi velati che mi guardano: mi vedi babbo? Io che gli sussurro qualcosa all'orecchio: mi senti? Mia madre che la mattina dopo ci chiama: è ora. Sono le sette del 4 Agosto. Per strada non c’è ancora nessuno, tutto è calmo, quieto. La radio trasmette Life on Mars. Quando arriviamo al parcheggio dell’ospedale si leva dalla laguna un volo di uccelli. Per accedere alla sua stanza dobbiamo suonare. Ci aprono, entriamo. Il tracciato del suo cuore è piatto e lui un po' spettinato, come venisse da una lunga corsa. Ciao babbo

85 - Il giorno successivo, durante la sua prima uscita col vestito buono adagiato comodo nella sua nuova dimora, nel brevissimo tratto dall’obitorio al furgone funebre scende improvvisa una pioggia leggera che bagna il legno. Mi viene naturale allungare la mano per asciugare le gocce, ma la ritiro perché… non so il motivo. Ma so che è giusto così.

***

E ora il regalo.
Hai di nuovo diciotto anni Emilio.
Hai una moto, una coda e un orecchino pendente.
Tuo fratello è appena tornato dalla guerra e in casa tua è festa.
L’estate sta finendo, tra poco sarà il tuo compleanno.
Indossi una maglia di cotone blu sdrucita e confortevole.
Controlli l’ultima volta la tua sacca da viaggio. Il tuo primo in solitaria.
Inforchi la moto, accendi, dai gas.
La tua famiglia è sulla porta, tua madre ti bacia, un ultimo saluto a tutti e parti senza voltarti.
Destinazione: Capo Nord.



mercoledì 3 maggio 2017

788 - Un po' di me e di questi giorni

Questo post l'ho scritto oggi per la mia pagina di fb, ma visto che è un piccolo approfondimento di tematiche che mi stanno a cuore lo porto anche qui, che degli approfondimenti è il posto ideale.

Vi racconto un po' cosa sto facendo: in realtà mi sto prendendo una piccola pausa.
È questo un periodo di pensamenti e ripensamenti; nel viaggio che sto facendo in questa vita, mi rendo conto di volere una cosa più di tutto il resto: aderire col centro di me stessa.
Non sempre ci riesco. Spesso mi lascio distrarre, mi perdo, il pensiero si fa superficiale, poco profondo. Come dice la strofa di una canzone di Franco Battiato "La linea orizzontale. ci spinge verso la materia, quella verticale verso lo spirito" e io, tra le due, sono molto più attratta e naturalmente portata a quella verticale. Posto che il perfetto equilibrio tra le due linee sia la cosa migliore, quando mi orizzontalizzo troppo vuol dire che non sta andando bene, mi sto perdendo in qualcosa che in realtà non mi appartiene, in modalità che non mi appartengono.
L'angiolino di Emma

Come mi accorgo che sto diventando superficiale? Quando mi dibatto tra mille cose e non ne porto a termine una, quando mi sento confusa, insoddisfatta, quando non sono completamente presente a me stessa, quando mi sento intossicata da troppi pensieri, immagini, oggetti, tutti superflui.
In quel momento devo fermarmi.
Riappropriarmi di quello che so fare e del modo in cui lo so fare, cercare la calma, la centratura, ritrovare il filo.
Come lo faccio? Rimanendo il più possibile concentrata sul mio respiro, sul qui e ora, sui suoni del mondo, sui vuoti più che sui pieni. Cercando e praticando il silenzio, la lettura, la meditazione. Aspettando.
Quando torna il mio centro lo sento da un senso di pace che si manifesta, dalla voglia rinnovata di fare le cose come le so fare, dal fatto che smetto di confrontarmi con il mondo trovandomi sempre al di sotto delle mie possibilità, dal fatto che smetto di rincorrere il tempo.
Mi aiuta molto anche la poesia, stare nella natura, approfondire un argomento che mi sta a cuore solo per il gusto di farlo, fare cose semplici come pulire i miei spazi, cucinare.
Ecco, questo è un po' di me, adesso.


Faccio accompagnare questo scritto da due angiolini tra gli ultimi da me realizzati, che sono sempre un buon viatico di protezione.

L'angiolino di Amelia
E infine (sempre grazie se siete arrivati a leggere fino a qui!) vi lascio il link per invitarvi a partecipare a un'iniziativa estenporanea, svuotamente, meditativa, di grande centratura - dunque in perfetta armonia col momento - creata stamani sul mio profilo Instagram

Vi anticipo solo che si tratta di creare mandala.
Vi aspetto?
Vi aspetto :)

martedì 7 marzo 2017

784 - Nuovo anno, nuovi dipinti

Buongiorno e bentrovati a tutte e tutti voi che mi seguite!

L'inverno ci sta lasciando, il sole caldo di oggi, i fiori nuovi, il verde tenue delle primissime foglie, tutto ormai sta annunciando la nuova imminente stagione.
Come state trascorrendo questo periodo? Che novità vi sta portando?

Vi racconto un po' di me.
Le mie giornate scorrono nella solita consuetudine, tra lavoro, passeggiate, osservazioni, letture, nuove idee da sperimentare e verificare. 
Non so se vi avevo raccontato che ho aperto un account anche su Instagram: mi trovate come @tizianarinaldiart

La gestione dei social in effetti si sta facendo, per chi lavora soprattutto in rete, sempre più articolata e vasta. Sono stata molto indecisa su quanto fosse il caso di iniziare a gestirne uno in più - già ho il sito, facebook, pinterest: aggiungerne un altro? Come avrei potuto gestirlo? 

Come sempre ho deciso un po' istintivamente, mi sono iscritta, ho iniziato a postare immagini un po' a caso, mi sono fatta rapire e incantare da profili meravigliosi che ho iniziato a seguire, poi, per fortuna, mi è venuto incontro il manuale scritto da Rita Bellati (se non la conoscete vi consiglio proprio di iniziare da lì, dal suo account Instagram, un luogo di bellezza, poesia, incanto),  che mi ha chiarito e mi sta chiarendo ancora le idee e mi sta aiutando a districarmi fra hastag, continuità, atmosfere, ma soprattutto mi sta aiutando a capire che storia voglio narrare lì e che direzione prendere.
Si intitola Instagram secondo Mys.cottage  e se non lo conoscete e siete interessati all'argomento  non posso che consigliarvelo caldamente.

Tornando a noi e a questo blog, come avrete certamente notato, anche perché lo sto ripetendo ormai da mesi, non riesco ad esser continua nel postare, proprio per questo allargamento di media su cui sono presente.
Mi sono chiesta più volte se l'idea di blog, in un mondo web sempre più veloce, non fosse ormai superata, se non fosse arrivato il momento di chiuderlo e proseguire attraverso mezzi più semplici, immediati, meno discorsivi.

Però vedo che quando voglio cercare di approfondire qualcosa è qui che torno, e dunque mi sono detta che, seppure aggiornandolo in modo discontinuo, quando ho davvero qualcosa da dire, da condividere, da comunicare, io vorrei continuare questa storia con chi ha ancora voglia e desiderio di seguirmi.

Cambiando discorso, ho letto ultimamente dei libri che mi sono piaciuti tanto, ne cito oggi due su tutti: Un'eredità di avorio e ambra di Edmund De Waal, la storia di una collezione e della famiglia alla quale è appartenuta che si snoda attraverso due secoli, una lettura bellissima e struggente, e Canto della pianura di Kent Haruf che narra invece il semplice scorrere dei giorni per alcuni abitanti di una cittadina del Midwest americano, e lo fa con una prosa poetica bellissima, con un sentimento di profonda comprensione umana, rendendolo proprio canto, un canto leggero e profondo allo stesso tempo.

E infine veniamo al mio lavoro.
Ho iniziato l'anno con la voglia e l'intento preciso di tornare su alcuni dei miei temi principali e approfondirli. Ho voglia di grandi tavole colorate, di case, fiori, di piccoli mondi luminosi. Con questo intento ho realizzato:

Un giorno di sole


Verso casa



Rimani

Quasi sempre li racconto, i miei quadri. 
Questa volta vorrei che a parlare fossero solo le immagini, e quello che, per ognuno di noi, possono evocare.
Ognuno vive, qualsiasi cosa - evento, lettura, brano musicale, immagine - in modo assolutamente soggettivo. Per ognuno di noi dunque, una stessa immagine, sarà diversa nella percezione, così come il nostro vissuto è.

Aggiungo solo che, il mio intento è quello di raccontare, con ogni mio quadro, un'intera piccola storia. Spero di essere riuscita (anche questa volta) e che queste storie possano in qualche sottile modo essere raccontate, dal quadro stesso, a chi le osserva.

Di ogni dipinto potrete trovare, nel mio sito, misure, tecnica di esecuzione e prezzo. 
Tutti e tre sono infatti disponibili per un acquisto, non vedono anzi l'ora di trovare il loro posto in quella che da sempre, da prima ancora che io li dipingessi, è la loro casa.

Direi che per oggi posso fermarmi qui, a tutte e tutti voi una buona continuazione di giorni, un abbraccio, e alla prossima!

mercoledì 12 ottobre 2016

777 - Racconto d'estate

Non sapevo da dove cominciarla questa storia. So come finisce, ed è proprio il finale che mi rende difficile raccontarla. Per questo ci ho messo così tanto. 
Continuavo a girare e rigirare attorno a queste foto senza trovare il coraggio, la voglia, la forza di guardarle una ad una e provare a raccontarle.
Poi di solito, nelle grandi esitazioni, arriva sempre il giorno in cui dici: va bene, è il momento. Quel giorno è oggi.
Adesso mi siedo qui e ci provo. Ci provo a raccontare.
Seppure non riuscirò bene, per via dei nodi ancora da sciogliere io mi metto qui e ci provo.
Devo farlo: lo devo a chi con pazienza (e vi ringrazio, davvero, dal cuore) continua a seguirmi, lo devo a questo posto nel quale ho condiviso tanto degli ultimi nove anni, lo devo anche a me, che di questo racconto sono stata protagonista indiretta.

Cominciamo dal sole.
Un'estate comincia sempre da lì.

 Il sole di mezzogiorno tra i rami dell'albero di fico nell'orto di mio padre.




Lo stesso sole ha bruciato i campi rendendoli così cari al mio cuore: nella loro essenzialità estrema i campi dell'estate così come quelli dell'inverno si disegnano nettamente come arazzi di bellezza.


Questo casale ha circa quattrocento anni. Ne devono essere successe di cose lì dentro e lì attorno, in tutto questo tempo. E difatti, nonostante la luminosità della giornata questa foto ha in sé una certa dose di misterioso fascino... Come se fosse la prima scena di un libro. O di un film.


La mia mania di raccogliere cose. Questo frammento di legno bicolore stava sul pelo dell'acqua una mattina in cui stavo nuotando. Ho pensato a quanto lunga doveva essere stata la sua storia e al fatto che proprio quel giorno alla stessa ora noi due ci trovavamo nello stesso posto. Potevo non portarlo via con me? 
Sì, in effetti avrei potuto. Ma non l'ho fatto ;)


Mattino presto: piccole pozze d'acqua tutte mie. 


La mia mania di raccogliere cose, due. Quel giorno è toccato ai sassi bianchi. Solo quelli. 
Tutti gli altri salvi.

Questa barca è proprio sotto la mia casa toscana e io la vedo, quando sono lì, tutti i giorni da tanti anni. Forse più di dieci. Non ha nome. Non so se appartenga ancora a qualcuno. È vecchia, malandata, consumata. Sta lì paziente in attesa di non si sa cosa e chi. Chissà che viaggi ha fatto, quanti e quali pesci le hanno sfiorato la chiglia. Tutti i giorni la vedo e la saluto. Mi commuove quel suo stare ferma, ancorata all'asfalto di un vecchio molo. La salverei ne avessi la possibilità. Riesco ad immaginarci, in una delle mie vite parallele, salpare per un viaggio girovago che dura, di porto in porto, tutta la vita. Lei tutta aggiustata, riverniciata, piena di bandierine e con un nome proprio. Mentre tutta impettita fa quello per cui è nata: navigare.




Un pomeriggio sulla laguna - che ha sempre il suo fascino...


Adoro il rosa che colora il centro del fiore della carota selvatica.


La luce di un pomeriggio di fine estate scalda la vite americana. E siamo sempre nell'orto di mio padre. L'ha piantata lui, moltissimi anni fa.


Nella mia casa toscana, che è poi la mia casa di bambina diventata, quando ne sono uscita, la casa dei miei genitori, il pavimento è fatto di grandi mattonelle con disegni ottenuti da diversi tipi di marmo assemblati tra loro. Questi assemblamenti casuali creano una variabile quasi infinita di quadri astratti, tra i quali spiccano quelle che il nostro occhio classifica come forme conosciute. Ognuno vede le sue. Per esempio mio padre era affezionato a quella che lui definiva la vecchietta in bicicletta, mia sorella conosce una certa anatra. Io invece ho lì un discreto numero di amici in forma di facce. Questo è uno di loro. Si trova proprio nella mia camera, di fronte al mio letto. È un pensatore, credo addirittura un filosofo. Il mio caro bizzarro ironico Filosofo Nasone.


"Umana che transiti per queste vecchie scale rendi omaggio al loro Signore"


"Identificati: chi sei? Cosa rechi in dono? Sei degna di passare?"


Mhhhh... 


Il permesso è stato poi accordato e sono arrivata in cima. Dopo profondi inchini di ringraziamento. 
- Dal basso, veniva su una musica bellissima. Probabilmente i musici del Signore del luogo lo stavano intrattenendo -


La storia sta volgendo al termine. La prima foglia d'autunno - sull'albero di fico da dove avevamo iniziato, quello nell'orto di mio padre, piantato da lui - sembra una colomba. O un angelo. 
Adesso prende il volo. 


E poi c'è questa foto. Quella cui tutto ha girato attorno, quella con una storia sua che non riesco ancora a raccontare nemmeno a me stessa. È una delle storie fondamentali nella Storia - con la esse maiuscola - della mia vita. Mi stava aspettando nell'estate del 2016. Il 4 Agosto, di mattino presto.

La chiamerò: "Ciao babbo".

giovedì 12 novembre 2015

759 - La vera storia di Christina

Sono sempre così attratta dalle vecchie storie, specialmente quelle che portano con loro un pizzico di mistero.
Ieri sono stata catturata da una di queste. Una storia di 102 anni fa.

È mattina presto, sto pigramente guardando la home page di facebook, quando la mia attenzione viene richiamata da alcune bellissime immagini che ritraggono una ragazza in rosso. 

È difficile,  si sa, nella marea di informazioni che ci giungono da ogni dove ogni giorno, essere catturati davvero da qualcosa, ma queste foto hanno un fascino unico, che chiama.
Clicco sul link al quale rimandano, e leggo l'articolo.

Le immagini ritraggono Christina, una splendida ragazza bionda, che cammina su una spiaggia, che siede pensosa sulle rive, in un giardino, appoggiata a un muro.
Sono immagini piene di fascino, un'atmosfera in bilico tra dipinto preraffaellita e fiaba gotica, che non possono lasciare indifferenti. Ma soprattutto, quello che mi lascia incredula è che si tratta di immagini scattate nel 1913. 
Sono così attuali da sembrare di un 1913 dell'altro ieri.

Si tratta dei primi sperimentali scatti  a colori della storia della fotografia, realizzati con una tecnica chiamata Autocromia, ideata da quei geni dei fratelli Lumière nel 1903. Una tecnica che richiede pazienza e maestria, in quanto la colorazione avviene tramite una fitta grana di fecola di patate, opportunamente trattata in modo da risultare gialla, rossa, blu, e distribuita poi su lastre di vetro. Su queste lastre viene poi stesa l'emulsione fotografica in bianco e nero, si mette il tutto in esposizione, ottenendo un negativo a colori. Un procedimento laborioso, che non sono neanche sicura di aver ben capito, ma non è questo che importa. Quello che importa è l'innegabile bellezza delle immagini che si ottengono, una bellezza senza tempo. 

Le foto in questione, racconta l'articolo, sono scattate sulla spiaggia di Lulworth Cove nel Dorset, da Mervyn O’Gorman (1871-1958) un ingegnere inglese tra i pionieri della fotografia a colori. E ritraggono tutte Christina, colei che nell'articolo viene definita la figlia.
Sono così colpita e affascinata dalla bellezza delle immagini che decido di condividerle sul mio profilo, e, curiosa come sono, inizio subito a fare delle ricerche sulla tecnica dell'autocromia.

Intanto alle foto si interessano anche i miei contatti, che iniziano a lasciare commenti ammirati. Tra questi mi incuriosisce il commento di Gianna, che mi scrive: "La Christina delle foto si chiamava Bevan, non era la figlia di O'Gorman, ma di suoi amici". 
A questo punto sono completamente in balia della storia, catturata tutta intera, tanto che non posso fare a meno di iniziare ricerche approfondite su Christina stessa, trovando diversi articoli, sia in italiano che in inglese.

ll primo ad interessarsi alla vera storia di Christina è il Daily Mail che il 5 Maggio di quest'anno esce con un articolo. Il giornale britannico narra di aver contattato il curatore del National Media Museum di Bradford (fondazione che custodisce la collezione della Royal Photographic Society, una delle più antiche istituzioni che si occupano di fotografia, e ha organizzato la mostra che ha reso note queste immagini), Colin Harding, il quale ha dei forti dubbi sul fatto che la ragazza sia la figlia di O’Gorman.
Dai registi anagrafici del 1911, risulta infatti che l’ingegnere e la moglie, Florence Rasch, non hanno figli. Impossibile dunque che nel 1913 possano avere una figlia adolescente. A parte questo, non esistono però altre informazioni sulla vita degli O’Gorman. La ricerca non risponde dunque alla domanda principale: "Chi è Christina?".

La questione sembra essersi arenata, ma l’11 giugno il National Media Museum torna sul fatto comunicando la conclusione delle ricerche. Grazie alla risonanza mediatica di quelle immagini, il museo è stato contattato da Stephen Riddle, un tecnico di laboratorio in pensione che è in possesso delle foto stereoscopiche, ereditate dal suocero, e firmate proprio da Mervin O’Gorman in persona.


In questa immagine si legge chiaramente che ad essere ritratte sono Daisy Bevan, con le due figlie, Anne (a destra) e Christina (al centro). 
Le tre donne appaiono anche in un altro scatto che nuovamente le nomina.


A questo punto non ci sono più dubbi e la storia può essere, seppure solo in parte, ricostruita.

Christina Elizabeth Frances Bevan ha sedici anni nelle foto che le scatta Mervyn O’Gorman. 
È nata l'8 marzo 1897 ad Harrow da Robert (filosofo, scrittore, studioso di religioni comparate e docente di ellenistica presso il King's College di Londra) e Mary (figlia di Granville Waldegrave, terzo barone di Radstock, detta Daisy) Bevan. La sorella Anne ha appena un anno meno di lei e la famiglia, che vive  al n. 6 di Chelsea Embankment - a soli due minuti a piedi dalla casa degli O'Gorman, al 21 di Embankment Gardens - deve essere molto amica della coppia, tanto da fare assieme gite ed escursioni e permettere a Christina di posare per questi scatti sperimentali. La scelta dell'abito rosso non è casuale, ma dettata da una precisa volontà, in quanto il colore rosso rende particolarmente bene nelle foto realizzate in autocromia.   
La sorella di Christina risulta essersi poi sposata con Charles Sanders Craven con il quale ha avuto due figli, Florence, morto a quindici anni nel 1945, e Robert, nato nel 1931 e probabilmente ancora in vita.

Di Christina non si sa invece altro, se non che è morta nel 1981, all'età di ottantaquattro anni.
Non si è mai sposata, non ha avuto figli.
Questo è tutto ciò che al momento si sa di questa splendida fanciulla bionda, così bella, così attuale, che conserva negli sguardi e nelle pose tutto il suo mistero.

Chissà cosa penserebbe di tutto l'interesse che ha suscitato e del fascino senza tempo che emanano queste immagini, una bellezza che ha spinto così tante persone ad interessarsi alla sua storia. 
Perché sono proprio la sua presenza, gli abiti che indossa, il suo modo di posare, il suo sguardo pensoso che rendono queste immagini uniche e speciali. È proprio lei.

La presenza di questa sedicenne del 1913, alla quale, chissà forse l'ing. O'Gorman, vedendo apparire le immagini appena sviluppate avrà detto: "Christina, guarda che meraviglia! Un giorno saremo famosi!".


Lei secondo me ha riso, scuotendo le spalle, tirandosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli, con la leggerezza degli adolescenti, che non hanno bisogno che qualcuno glielo annunci: sanno benissimo da soli di essere immortali.


lunedì 20 luglio 2015

757 - Ma che stai facendo? - aggiornamento con le ultime novità

Leggevo in questi giorni in un articolo da qualche parte on line (ah, la memoria...) che i blog stanno soffrendo una crisi causata dalla velocità e dall'immediatezza dei social network.

Sebbene io ne frequenti solo due, facebook e pinterest, devo ammettere che per me è così. 
È decisamente più facile aprire facebook e inserire una foto con una piccola didascalia che l'accompagna o fare un veloce aggiornamento di stato, anziché pensare ad un intero post e costruirlo con cura per un blog. Inoltre, l'immediatezza di un social, fa sì che il dialogo con le persone con cui sei in contatto si sviluppi velocemente.
Tutto in questi nostri tempi assume il valore della velocità. Siamo bianconigli che corrono, corrono, "Presto che è tardi!"... per andare chissà poi dove.

Paradossalmente però questo potrebbe essere proprio il momento per riscoprirli, questi nostri ricchi giardini un tempo così curati (e certamente c'è chi non ha mai smesso di curarli come fosse il primo giorno: rispetto e ammirazione per voi :))

Riscoprire il piacere di soffermarsi più a lungo su un contenuto, impiegare anche qualche ora, o giorno per scriverlo, rileggerlo, correggerlo, ripensarci ancora un po' e poi pubblicarlo.
Può essere un vero esercizio di lentezza, di riappropriazione di un tempo più intimo e pensato, più profondo anziché surfato.

Inoltre il vantaggio di un aggiornamento in un blog è anche quello di durare a lungo, mentre la notizia data su un social ha una durata brevissima. Dopo qualche ora è già vecchia, e sarà difficilissimo andare a ritrovarla, in futuro.
Dopo questa introduzione social-filo-antropologica sull'andamento delle notizie ai tempi dei social veniamo davvero a noi.

Cos'hai fatto ultimamente?
Cosa ho fatto?

Molte cose, in effetti.
Alcune in divenire e di cui ancora non posso parlare.

Altre invece ormai terminate e archiviate che vi posso finalmente mostrare con la dovuta calma e attenzione.

È uscito in Germania a cura di FamArt, il quarto libro scritto dalla dottoressa Petra Thorn del quale ho curato le illustrazioni.

La dottoressa Thorn si occupa di tematiche familiari, con una particolare attenzione ad alcune tipologie: le famiglie con bambini nati da procreazione assistita, le famiglie omogenitoriali, le famiglie con madre sola - come nel caso di questo libro.
Petra Thorn si rivolge ai bambini nei suoi libri, spiegando loro il modo in cui sono stati desiderati e concepiti. Questi libri diventano dunque una sorta di mappa verso casa, e loro li amano profondamente, come lei sempre mi racconta.

Questa che segue è dunque una selezione dal nostro ultimo libro assieme - questa volta Petra Thorn è stata affiancata nella scrittura da Margaret Ritter.


E qui sotto potete vedere come una tavola, diventa la copertina di un libro.



Un altro progetto al quale mi sono dedicata è stato un libro a pubblicazione privata.
Per pubblicazione privata si intende un libro del quale verranno stampate poche copie ad uso esclusivamente privato.

Un libro che nasce scritto per qualcuno, dedicato a qualcuno, e che sarà distribuito tra la sua stretta cerchia di amici e familiari.
Di questo libro sono infatti state stampate solo trenta copie.

È la storia della piccola Shangqi, e racconta di come, dalla Cina, abbia raggiunto la famiglia che da tanto la stava desiderando e aspettando, congiungendosi ai genitori, al nonno, e alla sorella Xinqiao.

La mamma, Federica Borgini, aveva già, cinque anni fa, scritto proprio per Xinqiao, per raccontarle in forma di favola illustrata, la sua storia.
Adesso ha voluto fare questo dono anche alla piccola Grande Giada Imperiale (questo il significato in cinese del nome Shangqi).

Il libro è già stato stampato, e da pochi giorni la sua piccola destinataria lo ha ricevuto in dono.
È stata per lei una sopresa grande e bellissima, mi ha raccontato la mamma Federica, e da allora continua a sfogliarlo attenta ad ogni minimo particolare.
  
Seguendo la sequenza delle immagini (che potete vedere qua sotto) sarà facile anche per voi ricostruire la sua storia, una storia d'amore che unisce due continenti lontani.




E qui abbiamo di nuovo un'immagine che diventa copertina.



Ecco qua, questi i più importanti aggiornamenti degli ultimi mesi - considerando che, per illustrare un libro ne occorrono diversi, di mesi.

Ci sono altre cose che bollono nel pentolone...
Una riguarda il mio sito.
Ve lo avevo già anticipato qua e là.
È in completo rifacimento ed è un gran lavoro che sta andando avanti, anche questo, da mesi (con il supporto della digital doula Francesca Marano).
Forse forse ci stiamo essendo.  
Lo saprete ovviamente in anteprima, nel frattempo incrociamo le dita e speriamo.

L'altra novità... non posso dirvela per ora :)
Ne parleremo con i primi freschi di Settembre.

E infine, voglio mostrarvi questa bella foto che mi ha mandato Giovanna di Lo stile di Giò, che da grande creativa quale è, ha trovato un modo semplice, efficace ed economico per incorniciare tre delle mie stampe.

Ma lascio che sia lei stessa a raccontarvelo.


Bene. Un aggiornamento lungo davvero!
Grazie intanto a chi è arrivato fin qui.

Sto continuando a riflettere sulla prima parte di questo mio lungo post, quella che riguarda i blog un po' trascurati a favore dei social.
Mi piacerebbe sentire il vostro parere, se vi va.
Lo avete notato? È così anche per voi?
Se sì, lasciate che sia, o state cercando un modo per tornare a curare il vostro piccolo prezioso giardino?

A tutte/i un abbraccio e buona continuazione d'estate!

p.s.

Tra i buoni propositi di Settembre c'è proprio quello di tornare ad avere qui un dialogo privilegiato, e fare in modo che questo spazio torni ad essere il mio diario principale. Ci riuscirò?
Lo vedremo... :)

sabato 17 maggio 2014

718 - Film, lontani viaggi in treno, incognite del destino - Una vecchia storia


 
Un paio di sere fa, vedendo quel romantico carinissimo film Prima del tramonto mi è tornata alla memoria una di quelle storie che rimangono chiuse in qualche stanzetta della mente fino a che un dettaglio non le illumina di nuovo e ce le fa ricordare con estrema precisione. Come fossero fatti del giorno prima.
E invece no. 
Siamo forse nell'anno '83. Anzi, sì, siamo sicuramente nell'83. 
Precisamente Settembre 1983.
 
 
 
 
 

Prendo un treno al mattino molto presto, destinazione Pisa.
Salgo nella piccola stazione di Orbetello, il treno è uno di quei vecchi Espressi dalla lunghissima percorrenza con molte fermate. È partito non saprei dire ora da dove, forse da Salerno, o ancora da più lontano, da Reggio Calabria, probabilmente a notte fonda, o addirittura la sera prima.
Insomma io salgo e sta albeggiando; trovo posto in uno scompartimento già semioccupato, mi siedo. Mi aspettano due ore circa di viaggio. Ho probabilmente con me un libro, ce l'ho sempre, da sempre. Ma finisce poi che in treno non leggo mai, troppo interessata a tutto il resto, dai dettagli del paesaggio, ai viaggiatori che incrocio, al semplice lasciar vagare la mente.
Quella mattina su quel treno, nel mio stesso scompartimento, ci sono una donna di età indefinita che dorme, e un ragazzo e una ragazza, che, seduti vicini, con le teste vicinissime, sfogliano e commentano la stessa rivista. 
 
 
 
 

Accantonata subito la donna che dorme mi dedico all'osservazione segreta dei due. Non ho idea di dove siano saliti. Sono già completamente parte dell'atmosfera di quel viaggio, tranquilli e rilassati come se quel treno fosse casa loro. Li giudico immediatamente una coppia. Commentano le immagini e gli articoli della rivista ridendo per cose che entrambi trovano buffe, aggiungendo particolari, ognuno i suoi ma così pertinenti a quelli dell'altro, gesticolando quasi allo stesso modo, come una coppia di lunga durata - seppure, osservandoli, hanno solo qualche anno più di me.
Sì, penso, sono fidanzati. Fidanzati in viaggio per una breve vacanza, deduco infine con una svista ai due bagagli sopra le loro teste.
Dopodiché mi metto a guardare fuori, sempre ascoltando più o meno distrattamente le loro risate e i loro commenti. E proprio in quelle aggiunte che ciascuno dei due fa a quello che stanno leggendo, si inizia a costruire, solo e tutta per me, la loro storia, che scopro completamente diversa da quella che avevo immaginato. 
 
 
 

Non sono una coppia. Non sono nemmeno amici. Si sono conosciuti su quel treno, qualche ora prima. Non riesco a capire chi dei due sia salito prima o se siano saliti assieme, fatto sta che durante quelle ore tra la notte e il giorno hanno avvicinato le teste e si sono messi a sfogliare la stessa rivista. Ridendo e commentando le stesse cose buffe.
Il viaggio continua, io sono sempre più interessata e vaga. Capisco che lui sta andando a Torino, lei a Viareggio - scenderà poche stazioni dopo la mia. Entrambi hanno cose da fare nelle due città, lui per lavoro, lei per vacanza. 
 
 
 
 
 
 
Intanto mentre fuori si sta facendo giorno e il treno procede nel suo viaggio lento, l'atmosfera tra i due cambia. Finita la rivista rimangono un po' in silenzio, poi iniziano a parlare d'altro. 
E qui, lui, inizia un viaggio nel viaggo. 
«Non scendere» le dice improvvisamente. «Vieni con me a Torino».
Lei lo fissa, rimane un po' sospesa, poi: «No, non posso».
Riprendono a parlare di cose leggere. Ridono ancora. Finchè lui, di nuovo: «Non scendere a Viareggio. Dai, vieni con me a Torino» e lei ancora «No, non posso. Davvero!». 
 
 

Da quel momento, la tessitura del discorso diventa una sorta di ricamo floreale, nel quale in mezzo a frasi sull'autunno che arriva, la passione di lei per la fotografia, un aneddoto su un vecchio amico di lui, si inserisce un motivo fisso, come fosse una foglia sempre uguale in una sequenza di fiori tutti diversi; «Non scendere, dai, ti prego. Vieni con me a Torino» “No, ti prego io, non insistere, non posso».
Ma, mi pare, che quel «non posso» stia iniziando a vacillare.
Si distolgono un attimo per guardare la donna che dormiva scendere alla stazione di Livorno.
La prossima fermata è la mia. Tra le due stazioni ci sono una decina di minuti; i «Non scendere, vieni con me» e i «No, non posso», si intensificano, con da una parte sempre più insistenza, dall'altra sempre più esitazione - o forse è solo la mia mente di ragazzina romantica che la percepisce tale? Col senno di poi non saprei...
 
 

 

 
E siamo a Pisa, "Stazione di Pisa!".
Mi preparo, li saluto come se di loro non avessi sentito nulla, scendo.
Mentre cammino sul marciapiede accanto al treno passo di fronte a quello che era il mio scompartimento e li guardo. Sono seri, e gesticolano parlando.
Lei si è messa gli occhiali da sole.
Io non saprò mai se è scesa a Viareggio o è rimasta su quel treno. 
 
 

Fin :)
 
* le immagini sono tutte scattate da me, durante i miei viaggi in treno
 
 
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