Non sapevo da dove cominciarla questa storia. So come finisce, ed è proprio il finale che mi rende difficile raccontarla. Per questo ci ho messo così tanto.
Continuavo a girare e rigirare attorno a queste foto senza trovare il coraggio, la voglia, la forza di guardarle una ad una e provare a raccontarle.
Poi di solito, nelle grandi esitazioni, arriva sempre il giorno in cui dici: va bene, è il momento. Quel giorno è oggi.
Adesso mi siedo qui e ci provo. Ci provo a raccontare.
Seppure non riuscirò bene, per via dei nodi ancora da sciogliere io mi metto qui e ci provo.
Devo farlo: lo devo a chi con pazienza (e vi ringrazio, davvero, dal cuore) continua a seguirmi, lo devo a questo posto nel quale ho condiviso tanto degli ultimi nove anni, lo devo anche a me, che di questo racconto sono stata protagonista indiretta.
Cominciamo dal sole.
Un'estate comincia sempre da lì.
Il sole di mezzogiorno tra i rami dell'albero di fico nell'orto di mio padre.
Lo stesso sole ha bruciato i campi rendendoli così cari al mio cuore: nella loro essenzialità estrema i campi dell'estate così come quelli dell'inverno si disegnano nettamente come arazzi di bellezza.
Questo casale ha circa quattrocento anni. Ne devono essere successe di cose lì dentro e lì attorno, in tutto questo tempo. E difatti, nonostante la luminosità della giornata questa foto ha in sé una certa dose di misterioso fascino... Come se fosse la prima scena di un libro. O di un film.
La mia mania di raccogliere cose. Questo frammento di legno bicolore stava sul pelo dell'acqua una mattina in cui stavo nuotando. Ho pensato a quanto lunga doveva essere stata la sua storia e al fatto che proprio quel giorno alla stessa ora noi due ci trovavamo nello stesso posto. Potevo non portarlo via con me?
Sì, in effetti avrei potuto. Ma non l'ho fatto ;)
La mia mania di raccogliere cose, due. Quel giorno è toccato ai sassi bianchi. Solo quelli.
Tutti gli altri salvi.
Questa barca è proprio sotto la mia casa toscana e io la vedo, quando sono lì, tutti i giorni da tanti anni. Forse più di dieci. Non ha nome. Non so se appartenga ancora a qualcuno. È vecchia, malandata, consumata. Sta lì paziente in attesa di non si sa cosa e chi. Chissà che viaggi ha fatto, quanti e quali pesci le hanno sfiorato la chiglia. Tutti i giorni la vedo e la saluto. Mi commuove quel suo stare ferma, ancorata all'asfalto di un vecchio molo. La salverei ne avessi la possibilità. Riesco ad immaginarci, in una delle mie vite parallele, salpare per un viaggio girovago che dura, di porto in porto, tutta la vita. Lei tutta aggiustata, riverniciata, piena di bandierine e con un nome proprio. Mentre tutta impettita fa quello per cui è nata: navigare.
Un pomeriggio sulla laguna - che ha sempre il suo fascino...
Adoro il rosa che colora il centro del fiore della carota selvatica.
La luce di un pomeriggio di fine estate scalda la vite americana. E siamo sempre nell'orto di mio padre. L'ha piantata lui, moltissimi anni fa.
Nella mia casa toscana, che è poi la mia casa di bambina diventata, quando ne sono uscita, la casa dei miei genitori, il pavimento è fatto di grandi mattonelle con disegni ottenuti da diversi tipi di marmo assemblati tra loro. Questi assemblamenti casuali creano una variabile quasi infinita di quadri astratti, tra i quali spiccano quelle che il nostro occhio classifica come forme conosciute. Ognuno vede le sue. Per esempio mio padre era affezionato a quella che lui definiva la vecchietta in bicicletta, mia sorella conosce una certa anatra. Io invece ho lì un discreto numero di amici in forma di facce. Questo è uno di loro. Si trova proprio nella mia camera, di fronte al mio letto. È un pensatore, credo addirittura un filosofo. Il mio caro bizzarro ironico Filosofo Nasone.
"Umana che transiti per queste vecchie scale rendi omaggio al loro Signore"
Mhhhh...
Il permesso è stato poi accordato e sono arrivata in cima. Dopo profondi inchini di ringraziamento.
- Dal basso, veniva su una musica bellissima. Probabilmente i musici del Signore del luogo lo stavano intrattenendo -
La storia sta volgendo al termine. La prima foglia d'autunno - sull'albero di fico da dove avevamo iniziato, quello nell'orto di mio padre, piantato da lui - sembra una colomba. O un angelo.
Adesso prende il volo.
E poi c'è questa foto. Quella cui tutto ha girato attorno, quella con una storia sua che non riesco ancora a raccontare nemmeno a me stessa. È una delle storie fondamentali nella Storia - con la esse maiuscola - della mia vita. Mi stava aspettando nell'estate del 2016. Il 4 Agosto, di mattino presto.
La chiamerò: "Ciao babbo".
Grazie, Tiziana: è sempre corroborante viverti. Si ha bisogno di parlarne, eh? Sì. Un bacio grande, S.
RispondiEliminaGrazie, Tiziana: è sempre corroborante viverti. Si ha bisogno di parlarne, eh? Sì. Un bacio grande, S.
RispondiEliminaSì, ne abbiamo bisogno. Grazie Silvia, per tutto. Un bacio grande a te!
EliminaTiziana, un abbraccio forte... Grazie per averci fatto dono di questi momenti..
RispondiEliminagrazie a te Manuela che li accogli col tuo consueto luminoso calore.
EliminaTiziana hai il dono di saper comunicare così intensamente il tuo vissuto da far quasi male.Continua a raccontare , una parola dietro l'altra finchè vorrai.io sarò lì a leggere e ad avvolgerti una coperta calda col pensiero
RispondiEliminagrazie Gloria, per il tuo affettuoso calore che sento tutto. proprio come una calda avvolgente coperta. grazie di cuore.
EliminaOh Tiziana mi sembra di conoscere questa storia. Anche io l'ho vissuta e anche se i personaggi e i luoghi sono diversi, l'anima e i colori mi sembrano gli stessi. Forse anche io avrò il coraggio di raccontarla un giorno. Grazie infinite. Raffaella Tateo
RispondiEliminaoh cara Raffaella! quando ti sentirai di raccontare ti ascolterò. grazie infinite a te per questa vicinanza nella quale ci riconosciamo. un forte abbraccio!
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