«[...] E poi ci sono innumerevoli Bodhisattva sconosciuti che non hanno
mai avuto un addestramento spirituale e non si sono mai impegnati in una
ricerca filosofica. Si sono formati e maturati in mezzo alla
confusione, alla sofferenza, alle ingiustizie, promesse e contraddizioni
della vita. Sono quelle persone ordinarie, generose, coraggiose,
indulgenti, modeste, che hanno un grande cuore e da sempre sorreggono la
famiglia umana. [...] Ci sono insegnamenti che vengono solamente
dall'esperienza non monastica ma di lavoro, famiglia, amore, lutto,
fallimento. [...] Percepire la realtà significa farci un'idea immediata
della politica e della storia, assumere il controllo del nostro tempo,
essere padroni delle ventiquattr'ore e farlo bene, senza vittimismo.
Accompagnare i bambini all'autobus della scuola è difficile quanto
cantare i sutra nella sala di meditazione in un freddo mattino. Una
mossa non è meglio dell'altra: ciascuna può essere parecchio noiosa ed
entrambe possiedono la virtù della ripetitività. La ripetizione, il
rituale e i loro buoni risultati si presentano in molte forme. Cambiare
un filtro, pulire i nasi, andare alle riunioni, raccogliere le cose
lasciate in giro per casa, lavare i piatti, controllare il livello
dell'olio: non credere che queste cose siano distrazioni dai tuoi
compiti seri. Tutto questo giro di faccende non è un insieme di
difficoltà cui sfuggire per poterci dedicare alla nostra "pratica" che
ci farà procedere su un cammino: è il nostro cammino [...]"
Un
paio di sere fa ho terminato un libro che mi teneva impegnata da quasi due
mesi: La pratica del Selvatico, di Gary Snyder (il brano che riporto qui sopra arriva da lì).
Leggere Gary Snyder, poeta, saggista, tra i primi esponenti della Beat Generation (I vagabondi del Dharma di Jack Kerouac è dedicato a lui), studioso e praticante di buddismo zen, ma anche contadino, camminatore, e soprattutto profondo conoscitore dei rapporti tra uomo e natura quale esponente di un movimento di ritorno consapevole al territorio, a quella parte di territorio che sta in bilico tra selvatico e coltivato, non è mai un'impresa facile.
Anzi, almeno per me, è sempre un viaggio non privo di fatica: ogni volta, a metà strada mi guardo indietro pensando nostalgicamente di tornare, ma poi, ogni volta tengo duro, e alla fine sono premiata come dopo la più impegnativa delle scalate. E ogni suo libro, proprio come una scalata, mi lascia nel finale stravolta e un po' diversa. Ansimante, ma con l'orizzonte di fronte a me decisamente più ampio.
Questo in particolare è stato un viaggio particolarmente duro, e dunque ancora più pieno di mistero e fascino. Come ogni volta, a metà strada, ho meditato se lasciare Gary continuare da solo, ché questa volta no, non ce la potevo fare.
Come sempre ho tenuto duro, anche, in questa particolare occasione, per un motivo in più: la dedica iniziale «Questo libro è per Carole, sul sentiero».
Carole é Carole Koda, sua ultima compagna di vita, che ha lasciato questo mondo proprio nei pressi di questa avventura.
Potevo abbandonare un libro con una dedica così struggente? Potevo lasciarli soli sul sentiero?
No. Dovevo continuare con fatica ad andare avanti.
Ce l'ho fatta. E come sempre sono stata premiata.
Sono arrivata alla fine, osservo dall'alto, e ora posso affermare "Avevi ragione Gary, è stato un gran bel viaggio".
Ci sarebbero altre decine di estratti da condividere qui perché bellissimi,
ne scelgo uno su tutti, per chiudere queste considerazioni:
«Il
nostro tempo, questi più o meno dodicimila anni trascorsi dall'era
glaciale e i prossimi dodicimila anni circa, sono il nostro piccolo
territorio. Saremo giudicati, o ci giudicheremo, per come avremo
vissuto, fra di noi e con il mondo, in questa ventina di millenni. Se
siamo qui per qualche buona ragione (a parte raccogliere testi, scendere
fiumi e imparare a riconoscere le stelle), sospetto sia quella di
divertire il resto della natura. Una banda di buffi, sensuali primati.
Quando gli esseri umani sono di buon umore e suonano una melodia, tutte
le piccole creature si avvicinano ad ascoltare».
E' una teoria così affascinante e bizzarra che quasi ci credo.
Anzi, guarda Gary, ci credo proprio :)
ricapitolando, il libro è:
Gary Snyder - La pratica del Selvatico - Fiori Gialli Edizioni
le foto sono quello che succede in questi giorni, sul mio sentiero :)
(grazie a tutt* per averne percorso questo breve tratto con me)