"Nei viaggi capita di incontrare dei solitari molto speciali. [...]
Una volta incontrai un solitario che non avrei mai dimenticato. Una donna. Non ne ricordo il nome, ma la faccia ce l'ho stampata davanti.
Avrà avuto quarant'anni e pareva uscita da un altro tempo. Abbronzata come un boscaiolo, portava i capelli a caschetto, tagliati alla buona. C'era qualcosa di medievale in lei. [...] Sulle spalle aveva uno zaino e a tracolla una bisaccia da cui sbucava un quadro a tempera. Io passavo da lì, in gita col mio compagno preferito, Virgilio, e la donna - accortasi che parlavamo italiano come lei - ci chiese la strada per un altro villaggio. [...]
Era un tipo speciale. Viveva di ciò che dava il bosco. "D'autunno" disse "è impossibile soffrire la fame. Trovo uva, castagne, bacche di ogni tipo. E poi mi regalano zucche, patate."
Spiegò che veniva dalle valli del Friuli Orientale e andava a piedi a un santuario in località Strugnano, in alto nell'Istria.
Pregava spesso, ma non era cattolica e nemmeno cristiana. Le sue divinità erano effigiate in piccole icone indiane, riposte nella bisaccia. Il santuario lo cercava solo per ascoltarne l'energia segreta. [...]
Poi ci narrò la sua storia.
Viveva in una grotta, e si preparava all'inverno raccogliendo la legna del bosco. Le chiedemmo come si procurava il cibo. Spiegò che ogni tanto scendeva a valle per prestare lavoro in cambio di cibo. Niente denaro, l'aveva bandito dalla sua vita. Il resto era eremitaggio puro, senza trucchi. Una scelta di vita: per vivere, non per suicidarsi in spazi selvaggi o scrivere libri alla moda.
Era piemontese, figlia di ricchi industriali, e aveva mollato il suo mondo da vent'anni. Della vecchia pelle aveva rinnegato tutto, persino il cognome. Rifiutava di avere documenti e la polizia, comprensiva, le ristampava ogni tanto una denuncia di smarrimento della carta d'identità.
Parlava senza nascondere nulla, quasi meravigliata che non la deridessimo.
Non sfuggiva al mondo, lo attraversava e basta.
A piedi era stata fino all'estrema Ucraina, quattromila chilometri dormendo "dentro i covoni" nei mesi freddi. Poi l'avevano trovata senza passaporto dalle parti del Don e l'avevano messa in galera con l'accusa di spionaggio. "Lì ho imparato a cantare. C'era una donna dolcissima che mi insegnava ballate stupende. Sono stati i giorni più belli della mia vita."
Le regalai un bloc-notes le dissi che non poteva non scrivere quelle cose.
In cambio, lei ci offrì due mazzetti di fiori gialli, minuziosamente annodati con fili d'erba, poi se ne andò, soletta, verso la notte. [...]"
Paolo Rumiz - A piedi - Feltrinelli Kids
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è da quanto ho letto questo straordinario ritratto che ho voglia di condividerlo.
da allora, mi capita spesso, specie quando sono sui "miei" sentieri, di pensare a questa donna.
scrivendo di lei mi chiedo dove sia adesso - in qualche sottile modo la sento amica.
e trovandomi infine a dover scegliere l'etichetta con cui taggare questo post, non ho esitazione: maestri.