venerdì 30 gennaio 2009

185

uno dei miei argomenti ricorrenti è quello delle case abbandonate.
è ormai chiaro: ne sono affascinata.

finestre aperte da una stanza deserta, le persiane che sbattono di notte.
a volte è solo la parte di un palazzo, un'ala esterna, quella ormai solo abitata da polvere, ricordi, frammenti di parole.
li conosco a memoria questi spazi, so esattamente dove si trovano, fissati con precisione in una mia mappa mentale: la mappa dei luoghi dimenticati.
regolarmente li censisco.
sono alberghi chiusi con le loro stanze retrò di musica imprigionata e mobili sbeccati.
sono case camuffate in mezzo ad altre, che fingono consuetudini familiari, ma che io so deserte da anni.

da una certa panchina nei pressi della stazione ne controllo una.
è l'ultimo piano di un palazzo d'epoca, completamente abbandonato, lui solo tra tutti. gli altri, i piani sotto appaiono curati e dalle finestre si intuiscono vita e calore.
lassù invece silenzio. e vuoto.
immagino stanze che si aprono l'una nell'altra nelle quali risuonano echi, scricchiolii. a volte è una voce flebile che arriva dal pavimento quella che fa venire nostalgia per la vita nei piani sottostanti.

nell'antico palazzo dove aveva sede una delle mie scuole si diceva vi fossero sotterranei e soffitte colme di segreti. quel palazzo era stato nel tempo convento, lazzeretto, ricovero di soldati.
naturalmente nessuno aveva mai davvero visitato le sue segrete che potevano anche essere solo frutto della fantasia di adolescenti.
io sapevo però di un corridoio.
un corridoio che si stringeva un po' sul finale e che dopo un giro lungo terminava in una piccola stanza lontana da tutte le altre aule, nella quale aveva sede l'unico pianoforte della scuola. avevo avuto il permesso di suonarlo per esercitarmi nelle rare ore vuote.
mi piaceva quella stanza. sembrava aspettarmi. mi accoglieva.
ma ancora di più forse mi piaceva transitare dal lungo corridoio con le sue porte chiuse.
lo percorrevo al ritorno un po' di corsa, desiderosa e restia nel lasciarmi alle spalle quel silenzio inconsueto per raggiungere la normalità delle voci dei compagni.
lo pensavo poi di notte quello spazio.
immerso in un silenzio ancora più profondo, e in buio ancora più fitto.

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seppure non sempre riuscirò a rispondere personalmente a tutti, sappiate che apprezzo molto che qualcuno decida di spendere un po'; del suo tempo a farlo.
tiziana

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