domenica 2 gennaio 2011

474 - Mario e Beppino fornai - Una storia d'inverno

"Sulla casa con le stelle"
-il mare, presenza costante nella mia vita, e dunque molto spesso anche nei miei dipinti-



Le vie che parallele al mare salivano sulla collina erano quattro.
La prima, avamposto di alghe e vento.
La seconda, dei passeggi pomeridiani.
La terza stretta di case basse.
La quarta che combatteva già con rovi e vigne.
Nella terza, una delle case basse era la bottega di Mario e Beppino.
Fornai.

Bottega: un antro forse.
Una grotta.
Una grotta bianca.

Che difatti: calce bianca sui muri.
Spianatoie in marmo bianco per gli impasti.
Mensole in legno per appoggiarci il pane, sempre bianche di farina.
Come bianchi di farina erano i due.
Bianco nei capelli, su una guancia, sui camici -già bianchi-, sui grembiuli, nei solchi delle mani, tra le dita.
In quella bottega a toccar qualcosa, qualunque cosa, invariabilmente ti si trasferiva uno sbuffo di bianco addosso così da portarti un po’ di bianco a casa.

L’antro bianco di Mario e Beppino.
Fratelli.
Fratelli e fornai.
Maestri impastatori, custodi della pasta madre, guardiani del fuoco.

Fuoco che perenne regnava nei forni in fondo alla grotta.
Incandescenti porte dell’inferno.

Mario, quello zitto, scrutava tutti con uno sguardo obliquo di scorbutica timidezza.
Amante della lettura aveva imparato, nelle lunghe ore dell’attesa di notturne lievitazioni, i versi ed i romanzi.
E pure un po’ d’inglese.
Questo lo aveva reso nel paese quasi professore.
A lui si rivolgevano per richieste di scritture importanti o per interpretazioni di lettere giunte da parenti tanto lontani, e da così tanto, che ormai mescolavano le lingue. 

Beppino, quello col dono della parola, intratteneva invece la clientela.
E tanto il loro pane era richiesto, tanto i due fratelli buona compagnia, che la bottega era viavai continuo.
Di donne però.
Donne e basta.

Che poi, assieme alle scritture, ai discorsi, al pane, in quei forni sempre accesi permettevano i due di cuocere di tutto.
Polli, pesce, dolci di Natale.
Lasagne, sformati, biscotti alle mandorle.
E il forno diventava così: Forno Sociale.

Arrivavano a tutte le ore le donne, con strette al petto le teglie avvolte, all’uso locale, in canovacci annodati.
Snodavano gli angoli di stoffa e le porgevano ai fornai che le ficcavano nel forno.
Poi, se era estate, nessuna rimaneva lì a sudare.
Tanto più che due vie più sotto c’erano alghe e vento. Lasciavano lì mangiari e fratelli e tornavano al momento giusto, anche un po’ dopo, per essere sicure di non dover sostare lì un minuto di troppo.

Ma d’inverno.
D’inverno quel paese era sempre spazzato da una scopa gelida di vento del Nord.
E allora diventava un lusso starsene nell'antro caldo a pettegolare, mentre gli odori di cottura si mischiavano alle parole a formare nell’aria sapidi arabeschi.

I fratelli partecipavano ognuno a suo modo.
Mario scrutando dal suo angolo, silenzioso e svelto.
Beppino ruffiano smistatore di traffico femminile, custode di segreti, complice di risate, destinatario di racconti in ricchezza e povertà.

E poi c’ero io.
Io che ci passavo le ore lì dentro.
Ero io infatti l’addetta al compito delle cotture speciali.
Ero io quella che arrivava con la teglia avvolta nel canovaccio stretto al petto secco di bimba.
Ero io che di andare non avevo per niente voglia e trascinavo i piedi camminando a passo di formica.
-millettré passi a passo di formica: uno, due, tre, quattro, dieci, settecento-

Ero sempre io a mettermi lì, e aspettare, un po’ in disparte, possibilmente invisibile.
-stringo gli occhi tre volte e non mi vedrà più nessuno-

Forte della mia invisibilità sbadigliavo, guardavo, risbadigliavo, mi fissavo su qualche particolare -calza smagliata, orlo ricamato, ciocca di capelli che si muove- mi facevo passare dagli orecchi tutti quei discorsi. Senza capirci poi un granché. Se non che a volte c’era molto da ridere, e da fare tanto di occhio.
Altre invece c’era da parlare sottovoce. Altre ancora da ammutolirsi e tirare su col naso.

E alla fine, dopo un po’ che c’ero, io l’invisibile, seduta sulla sediolina bassa, stretta in mezzo a quel rimbrottio di donne e fuochi, quasi ci stavo bene. Quasi mi piaceva.
-a me quando una cosa mi piace tanto mi viene sonno- 

E a quel punto, quando mi ero abituata, quando ci stavo bene, quando quasi dormivo, era sicurosicuro che la cottura terminava.
Mario o Beppino estraevano la teglia, controllavano il contenuto, la appoggiavano su una mensola accanto alle pagnotte e mi dicevano cantilenando “Ancora un pochino, bella, che si fredda e la puoi toccare.”
Dopodiché la riavvolgevano nel canovaccio, lo annodavano e me la riconsegnavano assieme a una pagnotta. 
-veramente un po’ brucia ancora-

A labbra strette me ne uscivo nel freddo, gambe gelate e dita roventi, voltandomi indietro due o tre volte.
Finché vaga mi avviavo verso casa saltabeccando tra le quattro vie, salendo e scendendo le scale che le collegavano e cantilenando filastrocche e conte.

Mentre ondeggiavo in quel vento che soffiava, sempre.

Mario e Beppino, loro, li lasciavo lì.
Bianchi, a scrutare fuori dai vetri, sfregandosi le mani.

***
avevo voglia di iniziare l'anno raccontando.
raccontando una piccola storia invernale.
che essendo vera è proprio esattamente così come me la ricordo.
... o forse anche un po' diversa?
chissà... :)

10 commenti:

  1. Che bel modo di iniziare questo nuovo anno.
    Sognando di te bambina e di questi due incredibili fratelli fornai.
    Sento nelle narici i profumi caldi di tutte quelle teglie ripiene di delizie e l'aroma inebriante del pane cotto a legna, fresco.
    Trovo che sia un meraviglioso soggetto per una tua storia illustrata.
    Un grande abbraccio e tanti auguri!

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  2. Tiziana cara, la forza e la bellezza dei tuoi racconti, risiedono nella loro capacità...... di "farsi vedere"!!!! Grazie per questo pezzettino della tua memoria e ancora auguri per un anno d'amore e bellezza! Ti bacio Monica

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  3. duck: grazie cara! ho rivisto "l'antro" proprio in questi giorni (adesso è una bottega di frutta e verdura, molto carina) e così mi è venuta voglia di raccontare di quando era il regno di due fratelli e del loro pane.

    monica: che cosa bella mi hai detto... grazie e un forte abbraccio a te!

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  4. Incantata... a bocca aperta... senza parole. Brava!

    Sabrine

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  5. sabrine: grazie! sono appena passata a trovarti... e che bella sensazione, proprio di felicità, approdare nel tuo spazio accogliente!

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  6. tiziana.... è strepitosa..... ancora di più perchè vera

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  7. Tiziana, un post meraviglioso! per la tua arte, il tuo dipinto (bellissimo!), le tue parole, il tuo racconto... sei una persona speciale, e questo è il tuo mondo speciale fatto di ricordi, sensazioni, immagini, odori, colori... di tutto ciò che compone la tua anima meravigliosa! Questo è quello che più amiamo di te: daccene sempre tanto! Un bacio forte!

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  8. bussola: grazie anche a te cara! sì, è vera... anche perché so raccontare solo di quello che vedo, o ricordo.

    cristina: cosa rispondere a qualcosa di così bello? ecco: ti rispondo una cosa che penso ti farà piacere. ho incontrato beppino proprio una delle ultime volte in cui sono stata al mio paese. sta bene! pur molto vecchietto. e anche mario. ognuno dei due ha mantenuto le sue caratteristiche: beppino è un girellone infaticabile. mario ama starsene a casa, tra i suoi studi e i suoi interessi. e poi aggiungo grazie! non so se merito tutto questo ben di dio, io comunque "ciappu" come diceva il signor carlo -altra presenza che aleggia di tanto qui tra noi- quando gli veniva offerto un dolcetto.

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  9. Tiziana cara, i tuoi racconti sono sempre magici! E' un così gran piacere leggerti!
    Buon anno anno! ^^

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  10. iulia: sono felice ti sia piaciuto leggere di mario e beppino. grazie per l'affetto con cui mi vieni a fare visita, e a te i miei più cari auguri di buon anno :)

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grazie per i commenti che lascerete :)
seppure non sempre riuscirò a rispondere personalmente a tutti, sappiate che apprezzo molto che qualcuno decida di spendere un po'; del suo tempo a farlo.
tiziana

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